Daje+Napoli%21
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Chiamate, messaggi, segnali di fumo. La Champions, almeno dall’inizio del 2015, sta facendo di tutto per attirare l’attenzione del Napoli. Nessuna risposta. Anzi, quasi un rifiuto. Come se a corteggiarlo fosse la peggior “Ugly Betty” del liceo. Domani all’Olimpico un altro invito su pergamena. Forse l’ultimo. Sbatterle ancora la porta in faccia potrebbe significare una rottura definitiva. Un punto di non ritorno.

Era la scorso primo novembre. Le streghe di Halloween imperversavano sul San Paolo vestite d’azzurro. E la Roma trascorse un pomeriggio da incubo, con i funamboli d Benitez che sgattaiolavano ovunque e Kalidou Koulibaly a colorare di nero tutte le certezze sulle quali si fondava la squadra di Garcia. Molto probabilmente tra le migliori prestazioni della gestione Rafa, alla pari solo delle gare di Fuorigrotta contro Borussia e Juventus della scorsa stagione. Per niente un caso sporadico, tra l’altro. Perché l’allenatore giallorosso ha sempre sofferto Benitez fin dal primo incontro, non riuscendo mai a sciorinare il suo credo calcistico e subendo anche qualche sonora scoppola. Sta di fatto che quel Napoli da far brillare gli occhi è stato abbandonato su quell’isola felice. Certo, qualche ottimo sprazzo siamo riusciti ad apprezzarlo anche nei mesi successivi, ma troppo poco e troppo scostante. Quella compattezza granitica e la verve dei suoi fucilieri ci hanno regalato solo barlumi illusori. La Roma ha spiegato tre mesi fa un tappeto rosso che mai siamo stati capaci di calcare. Nel lunch match della 29esima giornata sarà lei a venirci incontro. Ma difficilmente si presenterà in abito da sera.

Nel Napoli che affronterà un insolito mese di passione post-pasquale, rovistando con accuratezza, qualche elemento di ottimismo spunta fuori. Innanzitutto la sosta stessa che, tradizionalmente, è una lezione di yoga intensiva per le menti confuse. Poi ci sono gli scontri diretti, altro asso nella manica. Il ritornello è risaputo: ci si esalta nei match di cartello. Non è una verità incontrovertibile, ma i numeri sono dalla nostra. Solo la Juventus è stata capace di superarci finora tra le prime sei in classifica, poi tre vittorie e un pari. Un trend positivo ma anche imbarazzante, considerati i rimpianti che trascina con sé. Tutta è semplicemente la conferma del profilo di questo gruppo. Preparare nei minimi dettagli le gare decisive, esprimendo il 100% di carattere e concentrazione lungo l’intera durata dei 90’. Il male atavico che ostacola la crescita del Napoli, ma paradossalmente l’arma in più per sfidare i prossimi trenta giorni senza respiro e non uscirne tramortiti.

Un altro aspetto da non sottovalutare, per la sfida in quel di Roma, è la tenuta psico-fisica delle due squadre. I capitolini hanno ottenuto una pace armata dai propri tifosi dopo lo striminzito successo di Cesena. L’ambiente, però, ribolle di rabbia e frustrazione, con vari episodi al limite della legalità. La squadra, persa in un tunnel senza via d’uscita, accusa l’enorme pressione e ha perso ogni tipo di fiducia. Con un conto aperto con la fortuna, viste le continue defezioni (Gervinho e Totti gli ultimi persi all’appello). Mai dichiarare morto un guerriero gravemente ferito e il Napoli non deve abbassare la guardia. Gli azzurri giungono all’appuntamento con l’umiltà giusta e la rosa mai così folta, dato il completo recupero anche di Insigne e Zuniga. Consapevoli, al di là della retorica, che può seriamente trattarsi di un’ultima spiaggia. E dopo aver vagato in mare aperto e perduto un po’ le coordinate, devono rimpossessarsi della meta prestabilita e imprescindibile, per troppe ragioni: l’ingresso nell’Europa delle grandi.

Una battaglia sul campo in netto contrasto con il desiderio di tregua che tutti auspichiamo tra le tifoserie. O almeno tutti gli amanti del calcio. Sudato, strattonato e pur sempre vincente. In antitesi con coloro i quali spinti da una tempistica invidiabile hanno diffuso l’audio di Ciro Esposito dal letto di ospedale, prelevato dal materiale nelle mani degli inquirenti, in cui si infittiscono le nubi del famigerato sparo intorno al romano De Santis. Una bomba ad orologeria esattamente una settimana prima di una sfida già molto sentita, giusto per esagitare un po’ gli animi. Quando quei contenuti erano disponibili praticamente da mesi. Perché? No a questo gioco al massacro. Mai complici di chiunque voglia il male di questo sport nascondendosi dietro il trionfo della giustizia. Sì ai 4mila tifosi napoletani all’Olimpico, una fiaccola accesa all’insegna della pura passione e della sana rivalità. Un gemellaggio caloroso tramutato nel corso del tempo in odio acerrimo. A tutto c’è un limite, sancito solennemente dal rispetto. Rispetto per i propri colori, per un amore sanguigno e per la tradizione di entrambe le piazze.

Il Derby del Sole deve rappresentare un vanto per ogni meridionale, non l’ennesima vergogna. Dove sputare sangue possa sempre e solo essere una colorita metafora agonistica. Lasciando il razzismo alle bocche ignoranti di chi ha costruito sull’idiozia un cavallo di battaglia. Noi, dal canto nostro, faremo di tutto per far brillare i nostri raggi. Daje Napoli!

Articolo modificato 3 Apr 2015 - 19:41