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Da perderci la testa. Da prendersi a schiaffi, pur di credere che quel Napoli da incubo visto a San Siro è lo stesso che solo un mese fa è deragliato sulla Roma facendola a pezzi. E invece quella splendida creatura, in un inspiegabile rovescio fiabesco, è diventato un brutto anatroccolo. Timoroso, balbuziente e vestito di seta in una serata gelida.

Appena una settimana fa agganciavo i resti del mio orgoglio su quella serie positiva di risultati che nascondeva più insidie di un classico gioco di ruolo. Crollata a Milano non solo l’imbattibilità, ma anche quei pochi bagliori di luce intravisti fino a domenica sera. Una squadra allo sbando, incapace di reagire. Un’orchestra di solisti, ognuno intento a curare il proprio orticello. Questo il colpo più duro inferto ai tifosi. Anche se la gara contro un modesto Parma, dopo il ritiro farsa e la cena dai musi lunghi, ha visto in campo una squadra almeno scossa dal torpore e volenterosa di lasciarsi le macerie alle spalle. Fatico ad essere ottimista, ma forse un passetto in avanti c’è stato.

Da più parti, tuttavia, continua a risuonare la stessa melodia: cosa manca a questo Napoli? Oltre alla continuità e alla convinzione, termini talmente inflazionati da essere ridotti all’osso, manca evidentemente una linea guida, un collante, qualcuno al cui carisma appendere le proprie insicurezze. Chi per un motivo, chi per un altro, tutti i principali candidati al trono da leader non riescono a sollevare lo scettro. Facciamo un rapido riepilogo?

Innanzitutto Benitez, cuore ed anima di questo nuovo corso. I napoletani si sono appollaiati sulle sue labbra dal primo giorno in azzurro, confidando nella sua maestria e signorilità. Gli errori li sta commettendo anche lui, innanzitutto non infondendo a questi giocatori i suoi dogmi vincenti. La pazienza e la diplomazia, provate dalle innumerevoli critiche, non sembrano più trasparire dal suo volto rotondo e rassicurante. Se poi non chiarisce la sua situazione contrattuale, ogni riferimento ad un progetto sembra ormai una presa in giro. Che si riflette sui calciatori, provocando un’anarchia a tratti fin troppo eloquente.

Callejon e Higuain? Sì, credo possiamo prenderli in coppia. Perchè sono l’essenza di chi ha creduto in promesse non mantenute, di chi si aspettava di decollare ed è ancora in fila al gate d’imbarco. Comprensibile l’ambizione e un po’ di amarezza, non certo un alibi per giustificare sufficienza e nervosismo. Calleti pare ogni gara di più sfidare sè stesso e fallire l’appuntamento come mai gli succedeva un anno fa; il Pipita, col broncio e visibilmente svogliato, finisce temporaneamente alle spalle di Zapata (nota lieta e sorprendente) e se entra in campo 20 minuti li spreca per inveire contro chiunque, anche i cartelloni pubblicitari. Arrabbiato sì, ma per scuotere i compagni e non per tormentarli. Da gente del loro valore ci si attende un condottiero, non un semplice bambino viziato.

Hamsik? Troppe chiacchiere su di lui, troppe critiche che non fanno altro che destabilizzarlo. Infilare il coltello nella piaga è soltanto controproducente. Ma ad un Marek in queste condizioni non possiamo certo chiedere di caricarsi sulle spalle le paure del suo Napoli. Pensi prima a ripescare sè stesso dal pozzo. Il resto, magari, verrà da sè.

Ci sarebbero Albiol ed Inler, in caso. Per esperienza internazionale e carattere dovrebbero bacchettare in un lungo e in largo i compagni, considerando i ruoli nevralgici che ricoprono. Invece la loro inconsistenza attuale (se non recidiva) si ripercuote su centrocampo e difesa azzurra, gli assoluti talloni d’Achille di una compagine tutt’altro che solida.

Sfogliando la margherita, un “m’ama” proprio non riesco a trovarlo. O forse sì. Scende in campo, ma senza scarpette. Incoraggia i ragazzi in maglia azzurra ma non ha la fascia da capitano. Può morire di crepacuore, pur non avendo calcato il terreno di gioco nemmeno per un minuto. E’ il tifoso. Gli stessi che a Dortmund, con una squadra tedesca in balia delle onde sul piano tecnico e societario, hanno deciso di ricordare il loro amore con questo striscione: Wenn du fällst bin ich bei dir” (Se cadi sarò con te). I tedeschi vogliono già insegnarci troppo, non credo abbiamo bisogno ci spieghino cos’è la passione. Sei milioni di napoletani nel mondo potrebbero tenere una lectio magistralis al giorno per i prossimi due secoli sull’argomento. Nessun paragone forzato, dunque, le nostre ire hanno sempre una giusta motivazione. Ma per vedere il Napoli volare in alto c’è bisogno di tutti noi, non di un sediolino vuoto. Tutto passa, la maglia resta. E dobbiamo onorarla prima noi, poi pretenderlo da plurimiliardari che giungono da tanto lontano.

Starti vicino anche quando non lo meriti è uno schiaffo morale che solo chi ti ama può infliggerti. Ora andiamo a prenderci questa Coppa, uno scippo credo sia già bastato. E male che vada, non molliamo. I leader sono sugli spalti. E dalle nostre braccia il Napoli non cadrà mai!

Ivan De Vita

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Articolo modificato 20 Dic 2014 - 01:03

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