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L’editoriale di Raffaele Nappi: “Un Calippo a San Siro”

Dal Calippo all’Oscar (Di Maio ndr) la strada è lunga, o quasi.  C’è una cosa, a San Siro, che mi ha fatto abbastanza rabbrividire ieri sera. No, non è il grande Napoli ammirato nel primo e nel secondo tempo. No, non è la squadra compatta e – forse – oramai matura. No, non sono i soliti cori di incitamento al Vesuvio. Figuriamoci.

Ieri sera ho cominciato a rabbrividire dopo aver visto Francesca Pascale – sì, quella lì del Calippo – esultare al gol rossonero. No, lo confesso, non me lo aspettavo.

Ve lo dico subito: siete di fronte all’ennesimo editoriale senza senso che non farà altro che mettere il fuoco sulle ferite. Però non resisto. A casa mia dicevano che puoi avere tutto nella vita ma, quando ti vendi, resti con le briciole. Hai tutto ma noi hai niente.

Certo, non saremo mai nessuno noi, qui, incollati al televisore dalla passione. Noi qui, a fare sacrifici in settimana per seguire i ragazzi la domenica. Noi, qui a viaggiare per chilometri e chilometri dentro un treno, un pullman preso magari a sassate da altri, pur di non abbandonare i nostri beniamini. No, non saremo mai nessuno noi, ma la passione, quella, ce l’abbiamo nel cuore. Ed è vera. Non passeggera.

C’è una netta differenza tra una fede di un giorno e quella di una vita. Vedere quella del Calippo festeggiare e ridere a un gol rossonero fa male, non tanto perché è l’ennesima napoletana che tifa contro, oramai siamo abituati,  ma perché rappresenta l’emblema di una fede venduta, il quadro di un ideale morto, il ricordo di un sorriso beffardo.

No, forse noi non saremo mai nessuno, cara Francesca. Tu sei lì, in mezzo ai soldi, alla celebrità e al lusso. E noi siamo qui, attaccati alla passione. Ma forse è proprio questa la differenza.

Raffaele Nappi

RIPRODUZIONE RISERVATA

Articolo modificato 15 Apr 2013 - 15:57

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