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Due galli nel pollaio, si sa, finiscono per strapparsi la cresta. Quando poi a cantare sono due tenori del calibro di Aurelio De Laurentiis e Luigi De Magistris, scaramucce e colpi bassi sono all’ordine del giorno. La querelle sul San Paolo e sulla costruzione di un nuovo stadio va avanti da mesi e, tutto sommato, pare non aver mai lasciato i nastri di partenza. Al di là dell’apparente clima disteso e sorridente, c’è un solco che li divide: il presidente non vuole lasciare il tempio di Fuorigrotta ed è pronto ad impegnarsi (ahimè, pronto magari no) alla sua ristrutturazione per renderlo almeno “abitabile”; il sindaco ha da sempre snobbato questa ipotesi, pur non scartandola mai davanti ai microfoni, perchè è proiettato all’installazione di un nuovo impianto in zone periferiche, anche per valorizzare aree maggiormente esposte al degrado (Pianura e Ponticelli le più quotate). La manifestazione d’interesse pubblico indetta  dal Comune, in scadenza il 30 settembre, forse inizierà a schiarire la situazione. Nel frattempo i due contendenti, impugnando il fioretto, non lesinano frecciatine. Innocui quando sono fianco a fianco durante i match del Napoli, cordiali e costruttivi negli incontri ufficiali, fanno trapelare da alcune dichiarazioni un sottile astio reciproco.

Nessun contrasto“, si affrettano a precisare ogni qualvolta tutti gli indizi lascerebbero pensare al contrario. Già a luglio, dopo qualche attrito di troppo e la presa di posizione netta di De Laurentiis che respingeva l’idea di abbandonare il San Paolo, De Magistris replicava stizzito: “Il patron azzurro si sta lasciando andare ad affermazioni un po’ pesanti“. L’ultima crepa si è aperta domenica, con lo spettacolo imbarazzante offerto dal terreno di gioco dello stadio di Fuorigrotta. Per colpa di chi? Un maledetto fungo, spiega la società. “La manutenzione dell’erba del campo è sotto la responsabilità del club – punge il primo cittadino – si vede che non è stato curato a dovere“. Intenzione chiara: lavarsi le mani da possibili accuse dell’opinione pubblica. Il barbuto presidente incassa e contrattacca: “Nessuno avrebbe dato colpe al Comune – precisa – è stata una giustificazione inopportuna“. Un rigurgito che sa di ammissione di colpa, è vero. Ma Aurelio, orgoglio com’è, non ama andare sul palco e inchinarsi per i propri errori. Si lancia a capofitto alla ricerca di rimedi. In silenzio, però. Dunque avrebbe preferito sicuramente maggiore tatto dal suo compagno di poltroncina. Nuovo aspro confronto, indice di un malcelato tentativo di sotterrare l’ascia di guerra sulla questione principale. L’erba sta riprendendo vita, ad appassire è il rapporto tra i principali esponenti della Napoli buona. Non c’è nulla di divertente in queste gag al veleno. De Magistris e De Laurentiis lavorino ad un compromesso per amore dei napoletani. I due fari di Partenope sono nati per illuminare il golfo, guai ad accecarsi a vicenda. Saremmo noi a rimetterci le penne.

In questo quadro tutt’altro che idilliaco aleggia il mistero di una gravissima manomissione del sistema di sicurezza del San Paolo. Pochi mesi il club azzurro sollecitò Palazzo San Giacomo affinchè venisse incrementata la sorveglianza al perimetro dell’impianto, per evitare facili intromissioni e gesti goliardici. L’assessore Tommasielli si è subito attivata. Ma ora sul manto erboso in condizioni disastrose piomba lo spettro di un sabotaggio. Ad opera di chi? Dei soliti ragazzini che vogliono provare l’ebbrezza di calcare quel campo o qualcuno meno sprovveduto? Le indagini sono in corso e il sindaco pretende chiarezza. Le inchieste che accertavano la collusione tra la criminalità organizzata e parte del tifo organizzato per “punire” i comportamenti del sodalizio di De Laurentiis hanno suscitato un amaro disincanto tra i veri sostenitori. Gli interessi sulle prestazioni della band Mazzarri sono molteplici. Per ora solo nudi sospetti, speriamo restino tali. Una sola certezza: Napoli non si tocca!