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Si può passare dalla sublimazione dell’essere alla disperazione in pochi giorni? Vedere alla voce Napoli e troverete la risposta. La sconfitta di ieri ha portato con sè una cortina di nebbia e tristezza che ha avvolto la piazza.

La possibilità di agganciare momentaneamente il secondo posto e di mantenerlo vista la sfida difficile che attende la Roma al San Siro. La possibilità di scendere all’Olimpico con una classifica diversa. La possibilità, infine, di spegnere definitivamente le critiche nate dopo la sconfitta al Bernabeu. Un’occasione sprecata. E malamente.

L’Atalanta ha sovrastato il Napoli tatticamente e agonisticamente, ma soprattutto mentalmente, con una spensieratezza che fino a qualche settimana apparteneva in toto agli azzurri. E proprio la spensieratezza è stata la forza della squadra di Sarri in questo anno e mezzo, ma anche il più grande limite.

Da quando il clima s’è fatto pesante – esclusa la parentesi Verona –  è andata in tilt. E paradossalmente dopo l’unica sconfitta ammissibile e prevedibile. Quella di Madrid.

La querelle Sarri-De Laurentiis, le dichiarazioni fuori tempo del presidente azzurro, i messaggi in codice di Reina, poi il silenzio stampa. The sound of silence. Il suono del silenzio, quello che fa rumore. Ed interrotto giusto per la polemica con De Magistris. “Fools said I you do not know, silence like a cancer grows?“. 

Mentalità, quella che è mancata ancora una volta al Napoli. Quella trovata in trasferta, ma non ancora al San Paolo. Dall’euforia pre Madrid alla disperazione post Atalanta, tutto in due settimane.

Napoli croce e delizia. Napoli eterno adolescente capace di autodistruggersi. Napoli tutto e niente.

Andrea Gagliotti

Riproduzione riservata

 

 

Articolo modificato 26 Feb 2017 - 11:44

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