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Sarri, Mancini e la lezione del karma: c’è chi si brucia col proprio fuoco, chi vien fuori di carattere

E poi vai a spiegarle, certe coincidenze. Che la domenica, a Napoli, si mangia lasagna. E che Lasagna, di domenica, si mangia l’Inter a Milano. E poi vai a capirle, certe stranezze. Che Higuain si divora anche due gol, che il Napoli sbaglia e subisce, che la Samp vive in profondità e spesso buca.

Infine corri a coglierle, certe emozioni. Che sul doppio vantaggio non ci si ferma neanche per tirar fiato, che l’abbraccio a Chalobah ha irradiato di dolce commozione un pomeriggio a tratti drammatico, che da qualche parte la strana legge del karma ha saputo colpire ancora. Infinocchiando Mancini all’ultimo respiro, e senz’offesa. Quindi lasciando una scia da Alberto Tomba per Marek Hamisk: bravo a saltar tutti, pure la paura. Chiudendo allora i conti con tutto ciò che aveva ancora il coraggio di trattenere tempo prezioso: cori beceri, chiacchiere, solite insinuazioni.

LA RISPOSTA – È da un po’ che Marassi vuol dire reagire. E reagire significa essenzialmente rispondere. Ad un’azione, ad un comportamento. O anche a giorni di polemiche, di proclami, di scuse a mezzo stampa in quanto “così si fa, e così è giusto che si faccia”. A Genova poi ce n’erano tanti, di motivi per controbattere a muso duro. Perché la parte blucerchiata della città si è ritrovata sulla stessa “bassezza d’onda”, e perché poi la Sampdoria di Montella è una squadra che davanti sa far male. Banalmente, in tal maniera si spiega il diktat di Sarri: deciso sul pressing asfissiante, ambizioso con le verticalizzazioni veloci, attento con una squadra sempre corta e compatta. Solite raccomandazioni, in fondo. E soliti occhiolini. Inevitabilmente, son soliti pure i protagonisti.

CON KARMA – D’altronde, alcune cose non cambiano mai. E pazienza se “siamo nel 2016”, come ha amato ripetere qualcuno: perché per le sempreverdi quattro (o quattrocento?) voci fuori dal coro, vige la regola più equa e solidale di tutte. Nessuno l’ha mai confezionata, molti ci marciano già da un po’: a Napoli, però, ci credono davvero. Ed eccolo, il karma: che sa dare, e poi togliere. Che non regala, ma premia. E che non toglie, ma punisce. Chiedere per credere a Roberto Mancini: in un calderone che brucia per sua stessa volontà, ha finito per scottarsi. Meraviglia delle leggi non scritte. E meraviglia di una meritocrazia figlia di lavoro e sacrifici. Coi suoi momenti, ovvio: è sempre nella normalità (e nell’umanità) di una squadra, avere picchi e cali.

IL CARATTERE – Il resto? Tutto lavoro di un carattere montato su misura. Del saper prendere per mano la fortuna e portarla dalla propria parte di storia, del cavalcare l’onda anomala delle emozioni e di chiudere i rubinetti alla futilità. Forse è questo, il vero segreto per andar lontano. Più della testa bassa, del pedalare. Più del gioco spumeggiante, dei quarantacinque gol fatti. Più del cuore e dei polmoni, di tutti. Forse è davvero questo, e forse lo è perché da qui si traccia il confine tra uomini e calciatori, tra famiglia e squadra. Reagire, sì. Cioè rispondere. Con la calma dei forti, e col karma dei giusti. E con l’orgoglio di chi ne ha sentite troppe, ma ha ancora voglia di sentirne. Sono stati tutti Mancini, loro. Siamo sempre stati Napoli, noi. Trovate le differenze.

Cristiano Corbo

Articolo modificato 24 Gen 2016 - 23:48

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Scritto da
redazione