ESCLUSIVA+SN+%E2%80%93+Rivellino%3A+%E2%80%9CNon+ho+compreso+il+turnover+di+Benitez.+Se+Messi+gioca+tutte+le+partite+non+vedo+perch%C3%A9+non+possa+farlo+anche+Higuain%E2%80%9D
spazionapoliit
/2015/03/17/esclusiva-sn-rivellino-non-ho-compreso-il-turnover-di-benitez-se-messi-gioca-tutte-le-partite-non-vedo-perche-non-possa-farlo-anche-higuain/amp/

ESCLUSIVA SN – Rivellino: “Non ho compreso il turnover di Benitez. Se Messi gioca tutte le partite non vedo perché non possa farlo anche Higuain”

Ai tifosi più giovani il suo nome forse dirà poco, a quelli più adulti e nostalgici, però, riaffioreranno alla mente tanti ricordi fatti soprattutto di successi. Parliamo di Rosario Rivellino, ex calciatore ed allenatore del Napoli negli anni 60 e 70. Una vita dipinta d’azzurro: l’esordio con la maglia partenopea nel 1962 e quella storica Coppa Italia vinta lo stesso anno. Sì, storica, in quanto gli azzurri con quel successo contro la Spal all’Olimpico, divennero l’unica squadra a vincere il trofeo militando nel campionato di Serie B. Un record ancora intatto. Una coppa che Rivellino vinse anche da allenatore, in coppia con Alberto Delfrati, nel 1976 contro il Verona.

Non solo prima squadra. Il classe 1939 detiene anche un importante record per quanto riguarda il settore giovanile. Rivellino, infatti, è l’unico allenatore nella storia azzurra ad aver vinto il prestigioso Torneo di Viareggio con la primavera nel 1975.

La redazione di SpazioNapoli.it l’ha contattato in esclusiva. Tanti i temi trattati in questa chiacchierata; impossibile non parlare del momento vissuto dagli azzurri di Rafa Benitez e della sconfitta di Verona. 

Gli azzurri sono crollati a Verona domenica sera. Una prestazione a tratti più che preoccupante. Più i demeriti dei partenopei o i meriti della squadra di Mandorlini?

“Il Verona ha sicuramente meritato il risultato: squadra aggressiva in mezzo al campo, non ha lasciato respiro agli azzurri costringendoli a giocare in un imbuto, imbrigliando quelle che sono le caratteristiche della squadra. Merito ai padroni di casa, dunque, ma i demeriti del Napoli sono stati lampanti. Dalla difesa al centrocampo fino alle scelte e gestione di formazione.”

Contro l’Inter il calo era avvenuto nel finale, domenica sera l’approccio è sembrato deficitario fin dall’inizio. Quali sono le cause?

“Io non credo agli approcci sbagliati. Sono scuse che saltano fuori quando non vengono i risultati. Ogni calciatore, di qualsiasi categoria, dalla partitella di allenamento fino a quella di campionato. ha come unico pensiero quello della vittoria, non certo per concedere il fianco agli avversari in maniera inerme per i primi 10-15 minuti di gioco.”

Quindi è un problema di scelte?

“Non ho condiviso il turnover attuato da Rafa Benitez. Al Napoli mancavano gli uomini più in forma e ciò è stato un macigno per questo match. L’aspetto psicologico è fondamentale e viene dettato anche dalle scelte. Sono stato un calciatore, ho giocato in difesa e quando dall’altra parte mi si presentava di fronte l’uomo più rappresentativo della squadra avversaria, il timore aumentava. Per una grande squadra come il Napoli, l’approccio alla partita dev’essere anche quello di intimorire gli avversari e ciò avviene in maniera molto più semplice se ti presenti con Gonzalo Higuain.”

Con tanti impegni ravvicinati, però, è quasi obbligatorio, così come ha spiegato Benitez, optare per delle rotazioni

“Questo è indubbio, ma ho trovato incomprensibile la scelta di lasciare fuori Higuain. È assurdo far riposare quelli in forma. Il turnover è comodo e fa bene quando fai riposare quelli stanchi. Calciatori come l’attaccante argentino hanno fame abbastanza per giocare tutte le partite. Quando si vince e si fa bene, la stanchezza non si sente: si viaggia sulle ali dell’entusiasmo e del morale alto. Il Napoli avrebbe dovuto sfruttare il buon momento di Higuain fin dal primo minuto. Tante squadre fanno turnover, certo, ma con gli uomini di fatica non con i fuoriclasse. Messi, per fare un esempio veloce, gioca tutte le partite. Non vedo perché non possa farlo anche Higuain.

La fase difensiva e i tanti gol subiti restano ancora i punti deboli di questo Napoli. Una retroguardia troppo battuta per una squadra che vuole puntare a traguardi come il secondo posto…

“Gli errori in difesa, anche individuali, sono innegabili. Ma sono sempre del parere che il cuore della squadra sia il centrocampo. La difesa è perforata perché non è protetta dal centrocampo. I due mediani sono chiamati ad un lavoro immane: devono correre, coprire e costruire per l’attacco. C’è bisogno di più copertura e densità nella zona mediana del campo.”

Lei che ha vissuto lo spogliatoio sia da calciatore che da allenatore, ha condiviso la scelta di Benitez di affidare la porta azzurra ad Andujar dopo le insicurezze di Rafael?

“Benitez ha fatto la cosa giusta per il bene supremo del Napoli. La difesa aveva bisogno di una guida più esperta e sicura. Si stava creando il pericoloso “alibi del portiere” nella retroguardia azzurra, con i difensori che non si fidavano più di Rafael. Andujar non è certo un portiere di primissimo livello,  infatti non è esente da colpe nei gol subiti domenica sera, ma al momento garantisce un apporto di personalità sicuramente maggiore.”

Un’ultima battuta sulla primavera del Napoli, reduce da un buon torneo di Viareggio. Quel trofeo che lei ha vinto nel 1975 alla guida degli azzurri, unico nella storia. Quali sono le maggiori differenze tra adesso e allora?

“Ai miei tempi la primavera si allenava nella stessa struttura della prima squadra. Questo era rilevantissimo: l’allenatore aveva così modo di conoscere a fondo tutti i giovani. Così come anche i ragazzi avevano la possibilità di allenarsi con calciatori esperti, spesso campioni. Prima era più facile l’inserimento di giovani calciatori in prima squadra proprio per questo motivo. Oggi invece c’è molta più distanza. È pressoché impossibile che un allenatore conosca a fondo i calciatori del vivaio.”

A cura di Antonio Allard (Twitter: @antonioallard1)

RIPRODUZIONE RISERVATA

Articolo modificato 17 Mar 2015 - 10:26

Share
Scritto da
redazione