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Qualora cercaste negli almanacchi di calcio il nome di Claudio Vinazzani non vi aspettate di trovarvi le gesta di un calciatore di spessore tecnico elevato, ma accontentatevi di leggere di una leva calcistica di sicuro valore agonistico, abile marcatore nel cerchio di centrocampo, bravo nel pressare e nell’interdire la manovra altrui, appoggiando bene l’azione senza sciorinare rudezza ma bensì sagacia tattica e spiccato senso di squadra. Era questo Vinazzani, per alcuni “il carabiniere” per l’asfissia a cui sottoponeva i propri avversari quando li marcava con fare insistente e continuo, per altri “il sindacalista” perché munito di quella dialettica che nello spogliatoio era fondamentale per smuovere l’ambiente e spronare a tirare fuori gli attributi quando l’occasione lo richiedeva, motivo per il quale Vinazzani è stato il capitano per diversi anni, prima di abbandonare i partenopei alle soglia dell’arrivo di Maradona.

Dal ’76 all’83 ha collezionato 188 presenze e quattro reti con la maglia azzurra, sette anni in cui ha saputo costruire dal nulla la figura di calciatore necessario alla causa, risultando anche vincente nell’occasione della coppa di Lega italo-inglese contro il Southampton del ’76 e sfiorando il tricolore nell’81 al servizio di mister Marchesi e di un Krol monumentale. La sua è la classica storia del calciatore sconosciuto in cui un presidente si intestardisce e decide di prenderlo concedendogli la possibilità della grande occasione, così Ferlaino si presta al ruolo e Vinazzani, giovane centrocampista della Massese passa all’ombra del Vesuvio con tante belle promesse e la certezza dell’impegno massimo come da serio professionista si conviene.

Il colpo di fulmine fu istantaneo, la gente apprezza quel suo fare sicuro e dinamico, badando al sodo piuttosto che ricamare e fare ghirigori in campo. Ogni stagione cominciava puntualmente con il pronostico a sfavore per giocare da titolare in squadra, ma ogni volta bisognava ricredersi e constatare quanto fosse indispensabile averlo sulla linea di centrocampo a pressare e a rubare palloni, facendo il “mastino” ringhiando anche su più di un avversario contemporaneamente.

Rimarrà per sempre legato agli azzurri anche quando vestirà la maglia biancoceleste della Lazio, dove la fortuna gli voltò le spalle e la giustizia sportiva lo coinvolse nello scandalo calcioscommesse da cui ne uscirà con una squalifica di cinque anni,  a seguito della quale, dopo il rientro, subirà una ulteriore sanzione costatagli la radiazione. Resta nella memoria storica il giocatore concreto e diligente che tutti gli allenatori vorrebbero avere in rosa, per poter contare anche sul carattere da “roccia” che è spesso servito quando l’occasione lo richiedeva. Oggi possiede un negozio di articoli sportivi nei pressi dello Stadio San Paolo a Fuorigrotta, a pochi passi dal campo che lo vide protagonista, a testimonianza del legame indissolubile con la città.

Articolo modificato 7 Mar 2014 - 17:47

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Scritto da
redazione