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Curve vs DeLa, una questione di fede

Battaglia di parole.Su la nostra passione vuoi lucrare…Per fare i tuoi film che fanno ca**re“. Questa è solo una delle tante frasi, slogan e striscioni che la Curva B ha dedicato al presidente del Napoli, Aurelio De Laurentis. Un rapporto quello tra tifoseria e dirigenza che non si è mai consolidato, sin dai primi anni di gestione nel baratro delle serie inferiori. I tifosi, quelli che seguono la squadra 365 giorni l’anno, chiedono rispetto per i colori e per la cultura di una città. Non vogliono sentire la parola “business”, troppo borghese e fuori da ogni logica calcistica. Questo sport per loro è soprattutto passione. E proprio la passione è al centro del dibattito. Gli ultras imputano a De Laurentis una gestione troppo “mercenaria” del Napoli, una gestione che si occupa in primo conto di bilanci e numeri e poi di calcio. In città, dal Vomero a Forcella sino ai quartieri alti di Posillipo, spiccano sui muri frasi di contestazione con tanto di hashtag – #Adlpappone – solo per citare quella più famosa.

La nuova maglia. Nella partita di sabato scorso contro il Chievo, la Curva B ha fatto sentire la sua opinione , ma da parte di DeLa sono arrivate picche. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la presentazione di Jorginho. Quella maglietta, quei colori futuristi e di avanguardia novecentesca, hanno fatto imbestialire gli ultras, che vedono nell’azzurro il principio unico della loro fede. Basta soltanto pensare che già la tenuta mimetica – che tanto ha spopolato nelle vendite – era vista come un oltraggio alla tradizione. “De Laurentiis , rispetto per noi, c’è chi per essere allo stadio non porta il pane a casa e tu? Non fai altro che ridicolizzare un popolo, da sempre temuto e rispettato“: sono queste le parole di fuoco rivolte ai piani alti.

Un nuovo modello. Il presidente del Napoli, nella sua straordinaria cavalcata che ha portato i partenopei dalla C alla Champions League, ha anche voluto creare un modello di imprenditoria. Una sorta di piano societario che facesse sembrare la sua creatura sempre più simile ad una franchigia di sport americano. Lo sport visto come intrattenimento per famiglie ed occasionali amanti dello spettacolo. Per questo, in estate, è stato cambiato l’intero assetto delle partite casalinghe. Non solo i novanta minuti, ma bensì un pacchetto completo di attività a cui assistere, compresi fuochi d’artificio e spettacolo delle cheerleaders. Una cosa mai vista in Serie A, una cosa che ha rotto quella che le Curve chiamano “tradizione“.

Questione di fede.La tradizione è al centro di questo popolo. La tradizione a Napoli è il pane caldo della domenica a pranzo, le festività che si passano in casa con i parenti, il casatiello da portare allo stadio. In questo arco di consuetudini, di certo non entrano le novità del XXI secolo che si sono introdotte nella squadra azzurra. Il tifo sotto il Vesuvio è una questione di fede, è come un matrimonio con la donna amata, e non deve essere sporcato dai neologismi di una società che cambia. L’America può seguire il commercio nello sport, anche al nord Italia gli interessi vengono prima degli amori. Ma qui siamo a Napoli e a Napoli comanda il cuore: è questo che la Curva B vorrebbe dire ad un presidente sordo.

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Scritto da
redazione