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/2013/06/18/nazionale_under_21_italia/amp/

“Cercasi apprendisti con esperienza”: il calvario degli azzurrini e di tutti i “nostri ragazzi”

“Cercasi apprendisti con esperienza”.

Questa è la paradossale mozione nella quale si imbattono “i nostri ragazzi”, allorquando, con il capo ancora cosparso di foglie d’alloro, provano a farsi spazio nel sempre più gramo mondo del lavoro.

E’ così per tutti “i nostri ragazzi”, proprio tutti: per i neolaureati così come per gli azzurrini dell’Under 21 che arrivano, così, a rappresentare l’immagine speculare gli uni degli altri, accomunati da quell’incerto e ripido destino e dalle medesime complesse problematiche.

Troppo acerbi per il calcio che conta, troppo talentuosi per gli acri ed anonimi campi delle leghe minori, troppo titolati per un lavoro umile e modesto, troppo poco esperti per ambire ad una mansione lavorativa di rilievo.

Aspiranti uomini, ancora troppo acerbi per essere giudicati “pronti”, ma, al contempo, abbastanza maturi da poter rivendicare l’opportunità di essere messi alla prova.

Questa è la realtà che condisce le loro vite.

Facile rilevare tra i ragazzi di Mangia, i diversi stereotipi nei quali ciascuno dei “nostri ragazzi” può facilmente rispecchiarsi.

I “ragazzi prodigio”, quelli che sono riusciti a conseguire la laurea in tempi record, ma che, in attesa della “grande occasione”, si accontentano di un lavoro dignitoso che gli assicuri quel minimo di salario, utile, almeno, per non gravare ancora sulle spalle di mamma e papà: gli addetti al call center ed al volantinaggio, quelli che racimolano poche decine di euro lavorando come camerieri in un pub, quelli ai quali tocca “il lavoro sporco”, ma pur sempre onesto, come i vari Donati, Bianchetti, Caldirola, Regini, Crimi.

C’è “l’emigrante” Immobile, quello che andando via da Napoli è riuscito a blindare il suo futuro, accaparrandosi un posto alla Fiat di Torino, anche se, prima di poter diventare una ruota di quel lussurioso ingranaggio, è stato spedito ad accumulare gavetta ed esperienza in una più modesta industria metalmeccanica di periferia.

Verratti, invece, incarna, “i cervelli in fuga”, quelli che si sono laureati con il massimo dei voti, magari anche più di una volta, quindi troppo ambiziosi e talentuosi per accontentarsi del labile precariato che il nostro Paese attualmente può offrire e ricercano la propria ottimale e maggiormente appagante collocazione lavorativa in giro per altre città europee, economicamente più evolute, munite della doverosa sfrontatezza, della consona emancipazione e di quel pizzico di coraggio necessari per credere nei giovani ed investire su di loro.

Quelli come Bardi, Florenzi, Marrone, Sansone, Gabbiadini, Saponara, Paloschi, Destro sono gli stagisti/ tirocinanti, quelli ai quali compete “la gavetta di lusso”, oneri con pochi onori: portare la borsa all’illustre professionista al quale è doveroso stare attaccato alle costole per “rubare il mestiere”, preparare il caffè e fare le fotocopie, finché non saranno eletti “pronti” per “il lavoro serio”.

Insigne, “il nostro Insigne”, rispecchia l’arte di arrangiarsi, puramente, squisitamente, tipicamente napoletana: il giovane garzone, l’apprendista meccanico, “l’aiutante di“, munito di infinita e smodata buona volontà e pazienza, nato con quel mestiere cucitogli nelle mani, pronto ad andare incontro a braccia aperte a quell’umile, ma affascinante mestiere, seppure la paga sia irrisoria, non si tira mai indietro se ci sono da fare gli straordinari, nonostante non gli comporteranno neanche un euro aggiuntivo in busta paga alla fine del mese, ma felice ed orgoglioso di tornare a casa con le mani e gli abiti sporchi di grasso o impiastricciati di farina, perché quelli sono gli odori e i colori del lavoro dei sogni, quelli che in un futuro prossimo lo renderanno un uomo appagato e felice.

Tutti “i nostri ragazzi”, a conti fatti, cercano, ricercano, esigono e rivendicano la stessa realtà: l’opportunità che gli dia modo di dimostrare il loro talento.

Quella che gli consenta di palesare che sono “grandi”, nonostante la loro giovane età.

Gli azzurrini la loro opportunità l’anno avuta e hanno dimostrato il loro valore conquistando la finale del Campionato europeo di calcio Under 21.

Eppure non hanno vinto.

La ragione va ricercata nella motivazione alla base della riluttanza delle ambizioni dei “nostri ragazzi”: in Spagna i neolaureati li assumo e gli fanno giocare perfino la Champions.

Gli azzurrini hanno perso perché sono ancora privi di quella scaltra acredine necessaria per afferrare con spietato livore i propri sogni e sradicarli dalla sfera delle utopie per piantarli saldamente tra terra e cielo e difenderli e proteggerli, alacremente, con le unghie e con i denti, nonché di quell’esperienza che tutti ricercano nei giovani, ma che in pochi sono pronti a fargli macinare, sui campi di calcio, così come dietro ad una scrivania.

Allora, solo allora, allorquando ai “nostri ragazzi” verrà data una concreta, tangibile, vera e gloriosa opportunità, potremo puntare il dito contro di loro, laddove ritorneranno in patria da vinti.

Per il momento, per il semplice, ma tutt’altro che scontato fatto che si battono, sanno farsi onore e riescono a scavarsi a mani nude un solco da percorrere in quella tortuosa ed infima salita che gli frana davanti, meritano solo sentiti ed incoraggianti applausi.

Luciana Esposito

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Articolo modificato 20 Giu 2013 - 17:44