CHE FINALE! – Gol nella Supercoppa dei rimpianti ormai archiviati, poi i due turni di squalifica e gol a Parma e Udinese, prima di bloccarsi: vuoi per noie alla caviglia, vuoi per contingenze, congiunture astrali avverse e chissà cosa. Ventuno turni senza metterla dentro, ventuno volte a roteare vorticosamente tra le luci e le ombre, fra sostituzioni e qualche critica fin troppo severa. Ma sempre senza alterarsi o puntare i piedi, mantenendo calma e sangue freddo, intestardendosi anzi per ritrovare a tutti i costi quel quid perduto. E ritrovato appieno. “Scusate il ritardo” forse ci potrebbe stare, ma il Pandev che ha poi ritrovato se stesso, quello molto vicino alle eccellenti stagioni laziali, è stato quindi capace di aggiungere quattro reti alle due d’inizio stagione, totalizzandole nell’arco di sei partite, dall’AtaIanta al Pescara. Passando per Genoa e Milan.
LA POSIZIONE – E non solo gol per il macedone, ma anche tanti assist, scaturiti da un’applicazione in campo encomiabile, ben quattro nelle ultime nove partite, sette in tutto in campionato. Una forza della natura ritrovata, dopo aver trovato la posizione migliore in quel 3-5-1-1 che lo ha messo in condizione di agire più arretrato, ma più vicino al signore, il Matador. Postazione utile e preziosa per fare tante belle e deliziose cose. Far salire la squadra, o smistare subito per Cavani, o allargare celermente, o partire in quarta e provare a sfondare e concludere di persona. Visto che tutte queste utili cose riesce a farle presto e anche bene. Dopo aver rifilato l’ultima rete al Pescara non ha infatti tirato i remi in barca, ma ha continuato a dispensare assist: ben due per Edinson contro l’Inter (e I’ubriacante dribbling su Ranocchia prima del rigore conquistato da Zuniga) probabilmente la sua migliore partita stagionale. E poi quello col Siena, colpo di flipper a tre, fra Lorenzo, Goran e Marek. Tre tocchi di velluto azzurro, l’ultimo in porta. Gli avversari aggirati come birilli.
L’OLIMPICO – Ci fu un tempo in cui l’Inter credette fermamente in lui acquistandolo appena diciassettenne, per poi fargli fare le ossa un po‘ in giro e cederlo alla Lazio, con cui furono prima rose e fiori ma alla fine solo dissapori. All’lnter di nuovo, da figliuol prodigo, il Triplete sotto l’ala protettrice di Mourinho, e poi l’azzurro. “Il posto giusto al momento giusto. Avevo fame di tifosi che mi facessero sentire importante” parole dette col cuore e sempre confermate anche quando le cose non riuscivano a prendere la giusta piega. E la gratitudine di De Laurentiis: “Goran è un ragazzo perbene” quando lo stesso si ridusse l’ingaggio di circa un milione pur di giocare nel Napoli. Va da se che lo stadio dell’ultima di campionato per gli azzurri, I’Olimpico, dove ha disputato tanti derby, ma dove soprattutto ha alzato al cielo la Coppa Italia, sarà foriero di tanti ricordi. Di tutti i tipi e colori. Ma, adesso, ce n’è uno solo nella sua mente. Felice di restare.
Fonte: Corriere dello Sport
Articolo modificato 15 Mag 2013 - 11:21