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Ogni tanto ripenso a quella sera. 14 Settembre, ancora caldo. L’aria che si rinfresca solo al tramonto, e mica poi di tanto. C’è il Napoli in Champions, c’è l’emozione che ti scorre nelle vene dalla mattina. C’è la febbre che sale già dal pomeriggio, c’è l’ansia che ti assale. C’è Radio Marte che chiama la Lega e chiede “Ma stasera cosa guarderete in tv? Lo sapete che gioca il Napoli?”. C’è quello della Lega che si imbestialisce e mette il telefono fuori posto.

Ci sono gli spot si Sky che ti fanno sognare, mentre si fa ora e ci si deve mettere in cammino. Casa di amici, terrazzo. Tutto pronto.
C’è la musichetta, che parte e tu nemmeno te ne rendi conto. C’è quel momento che aspettavi da anni, ed eccolo lì, è arrivato e non lo capisci nemmeno. E poi c’è la partita. E che partita.

Sofferenza, questo ricordo. Eppure la squadra non sembrava intimorita. Lavezzi se la spassava sulla trequarti avversaria, con quella traversa che sgozzava sul nascere le urla di gioia. E poi Hamsik e Cavani che difendevano con grinta, e ripartivano alla grande.

E poi c’è il minuto 68 che ti fa alzare dalla sedia; segui ad ogni singolo passo la galoppata di Maggio, glielo urli fin dentro le ossa del cervello “ Passa a Cavani! Passa a Cavani!” e poi vedi il Matador solo davanti al portiere del City. E poi c’è il nulla. La palla sotto le gambe, 3 mila napoletani che impazziscono, Manchester domata. E la festa scoppia anche qui da noi, in Italia. Gente in strada, terrazze invase, urla manco fosse capodanno. Il gol di Cavani resterà uno dei pochi che mi ha fatto cadere a terra, privo di forza nelle gambe.

Ecco, Manchester City-Napoli è quello. E va bene lo stesso se Kolarov c’ha tolto la soddisfazione della vittoria all’esordio. Quella gioia, quelle gambe spezzate dall’emozione, restano ancora. Oh Yes.

Raffaele Nappi
RIPRODUZIONE RISERVATA

Articolo modificato 4 Dic 2012 - 17:36

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redazione