Esperimenti e confusioni: ok al turnover, ma in Europa League si riparta dalla vecchia guardia

Pazienza: ormai è un’esercizio di stile. S’era detto e s’era pensato al termine dello scialbo 0-0 che il Napoli aveva rimediato a San Siro sabato. Le motivazioni in un campionato in cui le prime due posizioni sembrano decise latitano. Eppure, dopo appena 72 ore, la gara di cartello, quella da dentro e fuori, è stata toppata in modo irritante: due pallonate da Piatek, due reti a zero.

E il Napoli è catapultato fuori dalla Coppa Italia: porta chiusa, blindata. Per una squadra povera di motivazioni, idee, svuotata da qualsivoglia movente per giocare a calcio. Come se ci fosse bisogno di un motivo, per farlo. Un esercizio di stile, quel muovere la palla da un lato all’altro del campo aspettando che trascorrano i novanta minuti. E va bene (neppure tanto), in una gara che guarderanno in dieci mila, ma non in uno scontro ad eliminazione diretta.

PREOCCUPA L’ATTEGGIAMENTO

Preoccupa – e tanto – l’atteggiamento. E non solo per una partita da affrontare con gli occhi della tigre e affrontata invece con la paura degli agnelli. No: preoccupa per il futuro. Perché l’Europa League è una giungla che non risparmia i deboli e li punisce alla prima incertezze. E di incertezze, il Napoli, ne ha fin troppe.

Ed è proprio per limitarle che Carlo Ancelotti sperimenta, ruota, osa. Finora, però, senza risultati. Anzi. Il turnover è stata un’idea sacrosanta per passare al vaglio tutti gli elementi della rosa. Ma adesso, forse, è opportuno restituire a questa squadra un’identità più fissa. Flessibile, sì, ma chiara.

LA VECCHIA GUARDIA

Perché almeno in Europa League serve un’identità. Serve una squadra che abbia idee chiare e codificate. Che sia coesa in campo, che nei singoli si cerchi e si trovi. Mancano due settimane al primo appuntamento, che regala ai sedicesimi un avversario abbordabile come lo Zurigo. C’è tempo per pensare, riflettere, valutare e lavorare ancora.

Ma serve, nelle gare di cartello che inevitabilmente seguirebbero dopo lo Zurigo, restituire valore e dignità alla vecchia guardia: ripartire dai migliori è un obbligo. Ripartire da Callejon, da Hamsik (Cina permettendo), da Insigne, Mertens, Albiol e gli altri. Tutti insieme sul terreno da gioco. Forse demotivati, sicuro calcisticamente attempati. Ma con la prospettiva di chiudere un ciclo con un trofeo. Eccola, la motivazione: l’incedere del tempo.

D’altronde Mertens l’aveva anticipato settimane fa in un’intervista: “Un peccato chiudere un ciclo come questo senza trofei”. Eccola, la motivazione. Altre due settimane. Scandagliare, vagliare, analizzare. E trovare, finalmente, certezze. L’Europa League è lì che attende, è alla porta e alla portata.

Vittorio Perrone
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