Chalobah: “Vi racconto i miei primi giorni a Napoli. Da Reina a Jorginho, che gruppo! Sarri? Mi allenavo sulle rimesse laterali…”

L’ex Napoli, Nathaniel Chalobah, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di The Totally Italian Football Show:

“Quando arrivai a Napoli avvenne tutto in fretta: cercavano un calciatore per sostituirne un altro infortunato, quindi non ci ho pensato due volte e ho accettato. All’inizio non sapevo se accettare o meno, ma alla fine mi sono chiesto, perchè non provare? Al Watford c’erano alcuni italiani, conoscevo il modo in cui lavoravano e con Zola avevo un’idea ancora più chiara. Ero motivato dall’idea di sperimentare una nuova realtà. Avevo bisogno di imparare cose nuove. Ricordo che c’era un caldo torrido, l’aria era irrespirabile. Avevo un jeans e una giacca, li tolsi subito. Ho atteso un pò prima di firmare i contratti, ma ho sfruttato l’occasione per dare un’occhiata agli impianti e le attrezzature. Il campo d’allenamento e le infrastrutture non erano al top. La prima impressione è stata positiva, anche se le infrastrutture non erano di grande impatto, pensavo a giocare a calcio, al caldo, quindi non potevo lamentarmi. Ero comunque curioso di conoscere gli altri calciatori e confrontarmi con le loro idee. Quando sono arrivato a Napoli gli standard erano sotto i livelli della Championship. Subito dopo cercai di convincere me stesso, doveva essere solo la mia prima impressione. Trovai i compagni di squadra veramente umili. E’ stato come il primo giorno di scuola per me. Sono andato in giro a presentarmi, stringere le mani dei compagni, i quali non credo avessero mai sentito parlare di me. Potevo dimostrare liberamente le mie qualità. La prima impressione del gruppo fu molto positiva. La cultura in Italia è molto diversa, le persone sono molto più disponibili.

“I primi giorni ero molto silenzioso, parlavo poco con gli altri e allo stesso tempo provavo ad imparare parole semplici come “Ciao, come stai?”. Pepe Reina parlava un pò inglese, fu uno dei primi ad aiutarmi, come Mertens e Koulibaly. Anche Sarri parlava inglese con me, ha lavorato in Inghilterra, a Londra in passato, in banca. Ma quando eravamo in campo non mi parlava allo stesso modo e pretendeva io capissi l’italiano. Sarri è una bellissima persona, un grande allenatore. Tatticamente uno dei più bravi con cui ho lavorato. In termini di gestione lui era capace di gestire in modo ottimale il gruppo, specialmente perchè in Italia ci sono 11 giocatore che finiscono in panchina, quindi è molto difficile avere un gruppo con tutti i calciatori contenti, ma lui aveva una relazione con tutti. Se avevi un problema andavi nel suo ufficio e lui era sempre disponibile ad ascoltarti. Abbiamo avuto parecchie conversazioni e lui mi spiegava cosa si aspettava da me. E’ una brava persona, molto dedita al lavoro e tatticamente sapeva come mettere la squadra in campo, come bloccare le ripartenze degli avversari. Era un gioco molto tecnico, le sessioni duravano 40 minuti e finivi in ginocchio, stremato. Ogni settimana imparavo cose nuove, a parte il fatto che non giocavo titolare. All’inizio dovevo coprire Hamsik, quindi ero lì ad ammirarlo.

Marek è un calciatore sopraffine. Dicevamo che sembrava avesse gli occhi dietro la testa perchè sapeva sempre cosa fare. Quando ti alleni con certi calciatori, non puoi fare altro che imparare da loro, in più parla inglese. Poi Jorginho, gioca ad un tocco, massimo due, durante tutto l’allenamento, mai vista una cosa simile. Sapevo che prima o poi lo avrebbero cercato le big europee”.

Sarri allenatore moderno? Non mi ero mai allenato su una rimessa laterale in vita mia. Avevano 10 differenti segnali sulle rimesse che ho dovuto studiare dopo il mio primo allenamento. Dicevano di studiare i segnali, perchè in queste situazioni i centrocampisti venivano coinvolti. Era impaziente. Voleva che imparassi tutto rapidamente. Impiegai due mesi per capirci qualcosa. Il suo è un calcio bello da vedere. Farebbe benissimo alla Premier, ne sono certo”.

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