Napoli fuori dall’Europa League: è veramente un peccato?

Che peccato, per il Napoli,  uscire fuori dalle competizioni europee. Questa è la frase che più di tutte è stata ribadita tra quei tifosi “europeisti”. D’altronde non c’è da meravigliarsi se questo è il pensiero comune e giusto,  se si pensa che questa Europa League era veramente alla portata degli azzurri.

Eppure così non è stato, e qui la domanda sorge spontanea: è veramente frutto del destino, frutto solo di una disattenzione di Diawara nella partita di andata o sono stati gli uomini di Sarri a mettere il bastone fra le ruote alla loro sorte? Da una prima analisi su entrambi i match, si potrebbe propendere più per la seconda che per la prima opzione.  Senza nulla togliere al Lipsia che ha meritato la vittoria al San Paolo, seppur aiutato dal “non gioco” del Napoli, la squadra tedesca ieri sera ha dimostrato tutti i suoi limiti, ed il Napoli tutti i suoi pregi.  E questo fa ancora più riflettere.  

L’Europa League era un piano B? Ed allora perché sprecarlo? Infatti nonostante il turn over in difesa, che ha permesso a Koulibaly di rifiatare, con l’inserimento di Tonelli (ottima prestazione la sua, n.d.r), e centrocampo con Diawara  preferito a Jorginho, gli azzurri hanno dimostrato che se vogliono, possono imporre il loro gioco ovunque. In casa o in trasferta, in Europa o in Italia. Allora perché sprecare la possibilità di proseguire in Europa League, una competizione di tutto rispetto, che poteva rivelarsi un ottimo piano B, per la stagione ancora in corso? Perché decidere di puntare solo sul campionato? Sicuramente una risposta certa c’è: gli uomini sono tali da centellinare le forze per raggiungere il risultato sperato, per cui non è una bizzarria avere la sensazione che gli impegni europei fossero quasi da intralcio all’ obiettivo finale.

Ma per quanto tempo ancora si faranno questi ragionamenti, ovvero per quanto tempo ancora si andrà avanti con la coperta corta in panchina tale da non farti competere per più fronti.  Quanto ancora ci vorrà per fare quel salto di qualità di chi ragiona da grande squadra senza tralasciare nessuna competizione? Ora come ora, per la posizione in classifica e per la determinazione mostrata in campo, si potrebbe accettare il “se non ora quando”, che, invece dovrebbe diventare una vera a propria  filosofia da integrare a quella “sarrista”, così da creare quel giusto “mix di motivazione” tale da portare in alto  i colori azzurri ed eliminare la polvere dagli scaffali con altri importanti trofei, soprattutto quelli Europei che aiutano ad aumentare il prestigio societario ed il ranking.

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