Patto tra Lavezzi e un boss, il Pocho chiese di esporre uno striscione in suo favore in cambio di una promessa

Torna a far rumore il caso dei rapporti tra Lavezzi e la malavita napoletana. L’audizione in commissione Antimafia di Enrica Pascandolo, sostituto procuratore della Dda di Napoli, ha portato a galla ulteriori dettagli dell’amicizia tra l’attaccante argentino e Antonio Lo Russo, collaboratore di giustizia.

La Pascandolo riferisce alcune parole apprese dallo stesso Lo Russo: “Ci ha raccontato che Lavezzi aveva interesse che i tifosi delle curve, esponessero uno striscione in suo favore del tipo ‘Lavezzi non si tocca’. Ora il problema è che le due curve rispecchiano diverse provenienze territoriali e anche di appartenenza ai clan: in curva B ci sono quelli di Secondigliano come quello di Lo Russo, in curva A invece gruppi del centro storico, come Genny ‘a carogna, per fare un esempio. Lo Russo ci dice che grazie al suo intervento fu possibile, nonostante le rivalità tra i clan, esporre lo striscione in entrambe le curve. In cambio ottenendo Lavezzi promise che non sarebbe andato a un’altra società italiana, tipo Juventus o Inter ma solo all’estero come poi è accaduto”.

La Parascandolo spiega come nasce l’amicizia tra Lo Russo e Lavezzi: “Ci ha detto di averlo conosciuto grazie al ristoratore Iorio, circostanza che differisce da quanto dichiarato sotto giuramento da Lavezzi. Ci ha detto di essere stato presentato al giocatore come capo ultrà, e da qui nasce l’amicizia. Lo Russo andava anche a casa di Lavezzi a giocare alla play station. Ma soprattutto aveva fornito al giocatore una scheda telefonica segreta, “dedicata”, uno dei cosiddetti “citofoni”. E poi finendo nel mirino delle forze dell’ordine ha detto al calciatore di distruggerla”. 

La dottoressa Parascandolo spiega il motivo della scheda fornita da Lo Russo a Lavezzi: “Lo Russo ci ha detto che la fornitura di una scheda dedicata a Lavezzi serviva solo a evitare il rischio che partendo dalle telefonate di Lavezzi si arrivasse a identificare la sua utenza. Ma questo è un aspetto su cui si infiamma la discussione in Commissione. Perché il dubbio, evidenziato anche dalla presidente Bindi, è che non si può escludere che tra Lavezzi e il boss non ci fossero anche colloqui di altro tipo. Altro punto fondamentale è: la presenza “notoria” di clan nelle curve non serve anche a garantire un controllo del territorio e delle attività da stadio? Un riferimento diretto alla questione Juventus e all’interesse ‘ndranghetista nella gestione della biglietteria”.

“Sicuramente – conclude Parascandolo – esiste una forma di controllo come in tutte le attività da parte della camorra, ma questo non vuol dire che ci siano infiltrazioni nella biglietteria, nei rapporti con la società Calcio Napoli o la gestione dei biglietti”. La Bindi chiede: “Ma i tifosi fanno o no i camorristi in curva?”, la risposta è questa: “Cito l’episodio di una coltellata tra fazioni rivali in curva A, di provenienza tra area Sanità e Forcella. La Digos ha svolto tempestivamente le indagini e ci sono stati degli arresti”. 

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