Dries e Marek, core ‘e Napule

Le emozioni sono la punteggiatura della vita. Scandiscono perfettamente ogni giorno, offrendone una lettura corretta ed espressiva. Il calcio è un’emozione, profonda e trasparente. E noi amanti di questo sport ci lasciamo trascinare, se non addirittura indottrinare da tutto ciò che evoca. Una sensazione molto intima che spesso, nostro malgrado, non coincide con la realtà dei fatti. Una realtà che racconta di un gioco sporco e deromanticizzato, servo del vile Dio denaro. Bene, a Napoli spesso raccontiamo storie originali. Marek Hamsik e Dries Mertens sostengono il nostro infantile desiderio di addormentarsi ascoltando favole. “H&M” rievoca la nota marca di abbigliamento e non solo. Accomuna in una sigla una filosofia, uno stile, un modus vivendi. È la firma del cuore, della popolarità che sa prescindere dallo scopo di lucro. Non certo due filantropi, sia chiaro, ma almeno evitano di elevarsi a falsi miti per poi scappar via di notte.

In ogni casa napoletana, questo è l’anno del tradimento per antonomasia. L’anno in cui il beniamino delle folle ha sposato la causa dell’acerrimo nemico.  L’anno in cui astio e disamore creano una combo letale. Non si cercava un rimpiazzo in campo, era la fede nella maglia ad implorarlo. Arek Milik stava facendo a pieno il suo dovere, pur non facendo realmente breccia nell’anima. Il tabù, tuttavia, non ha risparmiato nemmeno lui. Morale sotto i tacchi, ancora. Serviva una furbata, una napoletanata. Un falso che si spacciasse per nuovo messia, aggirando anche la malasorte. Il pezzotto per eccellenza ce l’avevamo in casa. Un belga naturalizzato scugnizzo.

Al di sotto dei 170 cm si passa facilmente inosservati. Mentre impazzava la polemica e si scaricavano responsabilità per un Napoli improvvisamente senza punte, Dries si è infilato di soppiatto nel bel mezzo dell’attacco azzurro trainandolo fino in cima alla classifica delle reti segnate. Un paradosso per l’uomo che la porta doveva avvistarla da lontano, se non proprio seduto ai bordi del campo. Dallo “spaccapartite” e “innesto decisivo negli ultimi 30 minuti”, a totale padrone della scena. Triplo salto carpiato e tuffo tra le onde di Posillipo. Perché da quelle colline il paesaggio di Partenope gli è entrato dentro. Un pranzo da Nennella, un giro in motorino con l’amata Kat: il folletto di Loviano ha deciso di fondersi con la città e tutte le sue sfaccettature. Ecco come si vive un amore, troppo comodo tenersi sul bordo della piscina. Perciò il suo recente exploit è ancora più vincente. Il Wolfsburg nel 2015, poi l’Inter la scorsa estate l’hanno richiesto a suon di quattrini. Ha detto di no e lo dirà per altri 5 anni se il rinnovo di contratto andrà in porto come sembra. Chi lo desidera può sempre cercarlo tra le statuette di San Gregorio Armeno. Costa meno e l’altezza, diciamocelo, non è che cambi molto.

Andiamo una trentina di metri indietro e voltiamoci a sinistra. Lì c’è un altro figlioccio acquisito, capitan 10 anni in maglia azzurra. Marek e il suo senso di appartenenza. Tanti i gol realizzati, tanti i sogni condivisi. L’ultimo, finalmente, tinto di rosa: la piccola Melissa, terza figlia nata appena due giorni, brava a rompere l’egemonia maschile di casa Hamsik. Non c’è intervista nella quale Marekiaro non ribadisca la sua voglia di non andare mai via. Non c’è Mino Raiola capace di dirottarlo su altri lidi, con buona pace di sponsor e soldoni. Lui, schivo e riservato, è finito a suonare il clacson all’impazzata colpito dalla nostra sindrome. Eppure la sua vita a Napoli non è stata mai così agevole: tacciato di carente personalità è solito finire sul banco degli imputati ad ogni fallimento partenopeo. Certo è che la leadership non è mai stato il suo forte. Quest’anno però, come probabilmente mai prima d’ora, la sua mano è sempre stretta a quella della squadra e le stimmate da trascinatore sono apparse sulla sua cresta. Recentemente ha dichiarato che i napoletani arrivano sempre in ritardo ma col sorriso stampato sulle labbra. Beh anche lui ci ha messo un po’ per caricarsi sulle spalle i suoi compagni. Ma le sue movenze e le sue intuizioni restano delizia per il nostro palato.

I fuoriclasse vanno e vengono.  A Napoli crescono, si nutrono di attenzioni, acquistano fama e poi spiccano il volo. Qualcuno al nomadismo delle ambizioni preferisce un microcosmo ovattato e pieno di coccole. Decide di restare e vincere qui. Dove tutto avrebbe un altro sapore. E ogni napoletano lo sente più vicino. Perchè se ti imbatti nella viuzza tortuosa invece di seguire l’itinerario più agevole, allora sei degno di esplorarci. Immerso tra i comuni mortali che vivono di stimoli, di sfide. E di sogni. Ed è proprio la scintilla dei sogni ad accendere il motore del mondo.

Ivan De Vita

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