Mister Sarri e gli esami di maturità

“Dopo più di mille panchine, arrivato ad un passo dalla Champions, non posso permettermi nessuna cazzata!”. Tuona la genuinità di Maurizio Sarri, tuona contro la celebrazione delle vigilie e non dei giorni di festa. Il cammino “straordinario” del Napoli si completerà sabato sera al San Paolo, al netto di voci di mercato già troppo rumorose e incoronazioni mediatiche. Obiettivo Frosinone prima di tutto, staccare la spina non è ammesso nè ammissibile. Il dramma sportivo occorso all’Ajax di Frank De Boer domenica scorsa, l’ultimo di un’infinita serie, innalza il livello d’allerta. A chi non è mai stato regalato nulla non è concesso dare qualcosa per scontato.

Record di punti e di vittorie in un singolo torneo. Questo Napoli è già leggenda. Gonzalo Higuain, una sostanza stupefacente dalla quale si fa fatica a non essere dipendenti, è a soli due gol dall’investitura di miglior cannoniere della storia in serie A. Insomma, non proprio dettagli. Entrare negli annali è motivo d’orgoglio, ovviamente. Ma sono i trofei ad essere davvero indelebili. E la costanza di volare sempre ad un palmo dagli Dei, finendo spesso per sentirne il calore. Champions fa rima con futuro. Un futuro cementato su soldi e blasone, ingredienti basilari per coltivare ambizioni. Da quella musichetta tanto amata ci distanziano solo tre punti, solo un ultimo sforzo. Un cielo di stelle è lì in attesa di essere ammirato. Prima, però, dobbiamo essere abili a trovare la via di fuga da questo castello incantato.

Incantato, sì. Maledetto il più delle volte. Perchè il pallonetto non voluto e beffardo di Bruno Peres è solo l’ennesimo (per fortuna stavolta ininfluente) episodio negativo nell’annata partenopea. Come in un labirinto con migliaia di specchi, il Napoli è rimasto intrappolato tra tante sfaccettature della sua immagine: la delusione, la possibile sorpresa, l’inseguitore, il campione d’inverno, il “deviato”, lo sfidante, l’eterno secondo fino quasi all’aspirante suicida rientrato nei ranghi. Rimbalzato tra mille aspettative, non ha mai perso la sua identità. Questa è la grande vittoria di Maurizio Sarri. Lui che ora vuole incoronare la prima stagione come allenatore di un grande club con un risultato pazzesco. E la sua voglia di ottenerlo, o meglio la paura di uno scivolone all’ultima curva, sarà determinante per tenere tutto il gruppo sul pezzo.

Non è maturo il tecnico di Bagnoli. Non lo è per gestire le vertigini e le responsabilità di una squadra d’alto rango. Questa in buona sintesi l’accusa più diffusa lanciata al coach azzurro. Ed è vero che  innegabilmente la sua tranquillità in certi frangenti è venuta meno, non aiutando certamente i suoi ragazzi a metabolizzare i momenti più difficili. Sul piano caratteriale c’è stata qualche perdita, ma mai si è avuta la sensazione di rotolare giù. Mai, ad esempio, si sono snobbati appuntamenti con le piccole in campionato o impegni di coppa a qualificazione già ottenuta. Un’impronta da vincente, da smussare per alcuni versi con l’esperienza sul campo.

All’andata come al ritorno, potenzialmente con la stessa media punti. Un dato notevole, considerando il calo fisiologico che ogni squadra fa solitamente registrare da gennaio a maggio. Questo Napoli da passerella tanto osannato per la vetta della classifica al giro di boa non è stato poi tanto diverso. Ha avuto solo la sfortuna, tra le tante, di competere con un rullo compressore difficilmente paragonabile ad altre corazzate del passato. Gli splendidi lineamenti del Napoli di gennaio restano intatti. E sappiamo tutti che a quella meravigliosa creatura è mancato solo un po’ di make up, nella giusta misura. Investire in estate su altri tre o quattro “titolarissimi”, vale a dire elementi di carisma e valore non solo rincalzi, è la vera crociata per ridurre un gap che a dire il vero non appare più così evidente.

La personalità, dunque. Quella che ha latitato spesso, soprattutto nelle gare in trasferta contro compagini col coltello tra i denti. Eppure, spulciando un po’ di statistiche, proprio nelle 19 gare fuori dalle mura amiche mi è saltato all’occhio un dato: dopo Sassuolo, ogni qualvolta gli azzurri sono andati in vantaggio lontano da Fuorigrotta, hanno sempre raccolto l’intera posta in palio. Qui torna in auge un altro degli argomenti caldi, cioè la capacità di gestire le fasi di un incontro. Scalare la marcia quando il serbatoio scarseggia e raggiungere ugualmente la meta. Non è da tutti, certo, specialmente se si ama essere sempre padroni del gioco. Il Napoli, a dispetto delle tante critiche, ha saputo farlo quando c’era da difendere i tre punti. Ma non è stato programmato per vincere sporco o per strappare un pareggio, come a Torino o a Roma. Un tallone d’Achille che improvvisamente può rivelarsi una risorsa durante i suoi ultimi esami serali. Seduto tra i banchi, non saprà copiare dai compagni, ma dovrà basarsi solo sulle proprie forze. Puntare a vincere, sempre, senza troppi calcoli. Basterà una cazzata e rischia di essere rimandato ad agosto. Nessuno, però, sarebbe entusiasta di iniziare a studiare così presto.

Ivan De Vita

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