PAGELLONE 2015 – I difensori: droni e metodo, ma non solo. La banda del buco che diviene fortino

Un 2015 che muove gli ultimi passi, accompagnato da un carico di giudizi per un anno tinto di azzurro dai due volti. Travagliato ma avvincente, pregno di speranze e delusioni. La rivoluzione spagnola che chiude i battenti a forte di una delusione, cocente, per gli obiettivi svaniti in sequenza sul filo di lana. Ad avvicendarsi ecco il nuovo corso venuto da Empoli, capace di soppiantare i dubbi iniziali con la forza del lavoro, dell’idea e delle motivazioni,. Il risultato è tutto in un percorso importante, con scorci suggestivi ancora tutti da raggiungere. Mesi tortuosi ed entusiasmanti allo stesso tempo, arricchito da un finale aperto, stuzzicante, verso un 2016 dai mille spunti e ricolmo di pagine tutte da scrivere. E’ tempo, dunque, di tirare le somme; valutare, con dovizia, l’anno che si accinge alla conclusione per tutti i protagonisti azzurri con il pagellone di SpazioNapoli.

Difensori

Koulibaly 6: Un 2015 sulle montagne russe, il diamante grezzo arrivato con il beneplacito di Bigon e Benitez che sembrava dove essere rispedito al mittente. Un ultimo scorcio di 2014 importante, una prima parte di 2015 in cui sprofondare. Tante incertezze, errori di concentrazione in serie al punto da fargli preferire Miguel Angel Britos nelle fase finale della stagione scorsa, quando il pallone scottava davvero. Ai margini nel percorso in Europa League e Coppa Italia, fuori dall’undici titolare nel rush finale in campionato, il percorso in azzurro di Kalidou sembrava ormai ai titoli di coda in estate, ambito da numerosi club europei. Non per la società, tanto meno per il nuovo tecnico Sarri. Maestro severo ma giusto, in grado di scorgere tutte le potenzialità del gigante d’ebano ex Genk. Tra le stelle più luminose del nuovo corso partenopeo, sciorinando un rendimento costante per sicurezza, senso della posizione, potenza fisica e rapidità. Un centrale da Barcellona, come a più riprese ribadito dal tecnico, al netto dei piccoli difetti ancora da smussare. Ritrovato.

Albiol 6: Tanti punti in comune con Koulibaly. Sebbene punto fermo nello scacchiere di Benitez, i primi sei mesi per il centrale madrileno non sono stati di certo tra quelli da tramandare ai nipotini in una carriera ricca di allori. L’ombra, persino sbiadita, dell’ottimo centrale ammirato al suo approdo alle pendici del Vesuvio. Buchi clamorosi, disattenzioni inaccettabili per un centrale della sua esperienza. Cambio di rotta nella stagione in corso, corroborato a dovere dalla cura Sarri. Qualche incertezza in avvio, la gogna ad un passo dopo gli errori di troppo nelle prime tre di campionato, poi la progressiva inversione di tendenza. Guida ferma della linea a quattro dell’allenatore, titolarissimo indiscusso di Sarri a dispetto di una concorrenza da non sottovalutare. L’ultimo baluardo in ogni situazione di rischio, il feeling ritrovato con il compagno d’arme Reina un quid in più.

Chiriches 6,5: Approccio in azzurro convincente e senza esitazioni, quello del capitano Nazionale romena portato a Dimaro da Giuntoli con un blitz in notturna. Nulla da appuntare al suo rendimento in ognuna delle dieci gare in cui Sarri l’ha chiamato in causa. Centrale coriaceo ma non macchinoso, elegante ed efficace in marcatura come in impostazione. Un innesto prezioso che concede importanti garanzie. In riva al fiume, pronto a scalzare alla prima occasione i due titolari, ad oggi indiscussi.

Henrique 5,5: Undici presenze nei sei mesi di gestione Benitez, da centrale e da esterno destro, senza però mai confermare le ottime impressioni destate nei primi sei mesi in azzurro. Con Sarri è gradualmente sparito dai radar azzurri, nemmeno una presenza da titolare in attesa di un rientro in patria a breve giro di posta.

Strinic 6: Persino sorprendente al suo arrivo in azzurro a gennaio a parametro zero dalla Dnipro, in grande condizione, capace di giostrare sull’out mancino con fisicità e sagacia tattica. Accorto in fase difensiva e sempre in grado di affondare con grande efficacia. Una sorpresa, appunto, fino al calo, arretrando nelle gerarchie scalzato dal ritorno di un, comunque, non imprescindibile Ghoulam. Una preparazione difficile in estate, contrassegnata da problemi muscolari e lavoro a parte. Tante sedute alla cattedra del maestro Sarri fino al pass, definitivo, per il rientro nei ranghi cercando di ritrovare spazio e titolarità perduta.

Ghoulam 6: Tanta gamba, propensione offensiva e qualità comuni a pochi esterni mancini, ma quanta difficoltà in fase difensiva. Un leit motiv che ha accompagnato il terzino ex Saint’Etienne fin dal suo arrivo a Napoli e i primi sei mesi del 2015 non hanno palesato alcuna differenza. Un fianco scoperto costante, l’out mancino partenopeo, da cui tanti errori – ed eliminazioni, vedasi Lazio in Coppa Italia e Dnipro – sono passati in serie. Limiti che non sono sfuggiti a Sarri che sull’algerino ha lavorato, e molto. Titolare con il Brugge, quando tutto sarebbe cambiato, senza più mollare il proprio posto sull’out mancino. La gamba è quella di sempre, la capacità di spingersi, sovrapponendosi ad Insigne – o Mertens –  e puntando l’uomo anche. In più la nuova gestione tecnica ha garantito una maggiore attitudine in fase di non possesso e accortezza difensiva, con seguente equilibrio tra i reparti. I margini di miglioramento erano evidenti, ora i risultati cominciano a scorgersi.

Hysaj 7: Una convincente stagione ad Empoli in Serie A, chiudendo il cerchio di quattro stagioni importanti e formative in Toscana, conquistando un ruolo importante nel calcio che conta. Di strada, il ragazzo di Scutari arrivato in Italia con un carico di speranze, ne ha fatta, eccome. L’approccio alla nuova esperienza è ostico, le alternative sulla sinistra non convincono ancora e Sarri lo prova in quel ruolo, corsa ed impegno non mancano ma il disagio appare evidente. Tornato a destra, con il reintegro di Ghoulam, Elseid mette in tavola tutte le proprie carte: un mastino deciso a guardia della fascia destra, spina nel fianco per chiunque giostri nella sua zona di competenza. Tra le righe un apporto in fase di spinta da non sottovalutare, dove ha ancora tutto per migliorare attestandosi ad altissimi livelli.

Maggio 5,5: Il ruolo, in cui nasce ma negli anni meno nelle sue corde, di terzino basso in una difesa a 4 una piccola condanna dall’addio di Mazzarri. Chilometri percorsi con la consueta abnegazione senza mai riuscire a mettere in mostra le sue reali qualità. Fluidità nella corsa e capacità di supportare la fase offensiva sono una certezza, nonostante l’età avanzi ed al netto di un’atavica imprecisione nell’ultimo passaggio, meno l’abilità quando c’è da difendere e ripiegare. Titolare con Benitez, al netto della parentesi Henrique. Affidabile rincalzo con Sarri, preferibile – e non poco – la seconda opzione.

Britos 5: Ventiquattro presenze nel 2015 per il centrale ora al Watford. Si districa tra l’esperimento, non sempre esaltante, da terzino sinistro ad una ritrovata fiducia come centrale da parte di Benitez, causa la discontinuità di Koulibaly. L’uruguagio classe ’85 ci mette il suo, fa quel che può, ma i limiti dell’ex Bologna sempre mostrati fin dal suo arrivo alla corte di Mazzarri non mutano, non si spostano di un centimetro, anzi. Qualche prestazione convincente, soprattutto in Europa League, tanti – e soliti – errori come prassi. Il punto più basso? La testata a Morata a chiudere il cerchio alla disfatta allo Stadium contro la Juventus 2 e dire che proprio con i bianconeri all’andata, nonostante la sconfitta, aveva sciorinato una delle sue migliori prestazioni.

Edoardo Brancaccio

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