PAGELLONE 2015 – I centrocampisti: questione di numeri e qualità, tra incomprensioni e rinascite

Un 2015 che muove gli ultimi passi, accompagnato da un carico di giudizi per un anno tinto di azzurro dai due volti. Travagliato ma avvincente, pregno di speranze e delusioni. La rivoluzione spagnola che chiude i battenti a margine di una delusione, cocente, per gli obiettivi svaniti in sequenza sul filo di lana. Ad avvicendarsi ecco il nuovo corso venuto da Empoli, capace di soppiantare i dubbi iniziali con la forza del lavoro, dell’idea e delle motivazioni. Il risultato è rappresentato da scorci suggestivi ancora tutti da raggiungere. Mesi tortuosi ed entusiasmanti allo stesso tempo, arricchiti da un finale aperto, stuzzicante, verso un 2016 dai mille spunti e ricolmo di pagine tutte da scrivere. E’ tempo, dunque, di tirare le somme; valutare, con dovizia, l’anno che si accinge alla conclusione per tutti i protagonisti azzurri con il pagellone di SpazioNapoli.

Centrocampisti

Hamsik 7: Parola ai numeri, prima di tutto: otto reti e dieci assist, tra Serie A, Coppa Italia e Europa League, nell’ultima fase del progetto Benitez. Quello del Marek trequartista, riferimento centrale del tridente a supporto di Gonzalo Higuain. Numeri che attestano quanto il contributo del capitano partenopeo non sia mai, minimamente, venuto meno. La doppietta al Wolfsburg, così come il gioiello all’Udinese nel palpitante 2-2 in Coppa Italia, le note più melodiose in un rapporto spesso contrastato con l’allenatore iberico. Mai una polemica, priorità al campo, da bandiera ormai issata nella storia partneopea, senza lesinare qualche doveroso pizzico sulla pancia. La chiosa nell’addio senza traccia del minimo rimpianto: “L’addio con Benitez? Normale, con una stretta di mano professionale, non sono arrabbiato con lui ma nella prossima stagione spero di avere più spazio”. L’alea del primo cambio sempre ad incombere sulla testa del numero 17, il più sostituito tra gli imprescindibili dell’attuale tecnico del Real Madrid, patendo l’arrivo, a gennaio, di Manolo Gabbiadini. Quel ruolo dietro le punte che mai, realmente, ne ha esaltato le caratteristiche, la voglia di esprimersi in campo al meglio delle sue doti. Dati di fatto che superano i numeri, la speranza che diviene vivida realtà con l’arrivo di Sarri. Il ritorno alle origini, nel ruolo più congeniale, mezzala sinistra con licenza d’offendere fonte di gioco primaria, mai più spalle alla porta. In più, ovviamente, l’obbligo di creare densità in mediana, l’equilibrio sopra ogni velleità individuale. Pane per il ventottenne di Banska Bystryka, tornato perno centrale, colonna del progetto tecnico. Tre reti e cinque assisti in ventidue presenze, numeri che impreziosiscono questi primi mesi alla corte del tecnico partenopeo di nascita e toscano di origini e formazione. Ritrovando sé stesso.

Allan 7: Per il centrocampista scuola Vasco l’impatto in azzurro è stato persino sorprendente. Dietro la scorza del mediano rubapalloni, instancabile motorino di centrocampo, c’è molto altro. E l’ex Udinese non ha esitato da giocarsi, fin da subito, tutte le sue carte, sfoderano l’estro carioca nel proprio bagaglio mascherato solo al primo acchito. Punto di riferimento essenziale in entrambe le fasi di gioco: supporto, tanto, in fase di filtro, palloni rubati in quantità industriale ripuliti ed incasellati per l’occasione. La chiave di volta dell’acquisto più esoso della sessione estiva è proprio lì: nella capacità di garantire il medesimo contributo in fase di possesso e fraseggio, spunti palla al piede ed intelligenti inviti ai compagni. Se ad aggiungersi c’è una capacità di inserirsi, devastante tra le linee avversarie, e battere a rete – 3 goal e 5 assist in 22 presenze – l’acquisto dalla preziosa gioielleria dei Pozzo, mai in saldo, assume contorni molto più che soddisfacenti.

Jorginho 6,5: Un 2015 agrodolce, come per tanti interpreti partneopei. Ragioni tattiche e di predisposizione al ruolo, prima di tutto, sebbene i primi sei mesi in azzurro sembrassero attestare il contrario. Quel feeling con il modello tattico – immutato per due stagioni – di Rafa Benitez che alla lunga non si è mai consolidato. Appena 16 presenze, tra cui molti spezzoni di gara, ad assistere al canto del cigno del tecnico madrileno alle pendici del Vesuvio, una rete – freddo dal dischetto, una nota da prendere in particolare considerazione – in Coppa Italia contro l’Udinese, tra i pochi lampi nei primi mesi di un anno che avrebbe, in seguito, raccontato ben altro. L’arrivo di Sarri, e con lui di Valdifiori, binomio inscindibile in terra toscana, che sembra chiudere ogni varco ad un ritorno in prima linea, ritrovando finalmente quella mediana a tre, l’habitat in cui esprimere al meglio le proprie caratteristiche. Il mercato sempre attuale, il pressing del Torino, il futuro in azzurro che appare sempre più lontano. Per molti, forse, non per il nuovo tecnico azzurro, che fin dalle prime dichiarazioni a Dimaro ha sempre ribadito considerazione e stima per l’ex regista dell’Hellas. Dalle parole ai fatti, nel mezzo neanche un ruscello a cui abbeverarsi, la rivoluzione con il Club Brugge, la conferma con la Lazio. Investito di stimoli e responsabilità, il classe ’91 italo-brasiliano di Imbituba ha risposto presente, in maniera ferma. Punto di riferimento essenziale, da vertice basso in mediana, al savoir faire palla al piede, prima fonte di gioco nel breve, motore dell’intera manovra azzurra, ha abbinato un valore encomiabile. Intelligenza tattica e comprensione del ruolo, chilometri percorsi sempre con costrutto, una garanzia a cui Sarri non è più riuscito a fare a meno.

 Valdifiori 5,5: Napoli come punto di arrivo a ventinove anni, conquistato tramite la gavetta, anni di sacrifici in ogni categoria. L’arrivo in riva al Golfo da miglior regista della passata stagione per rendimento, un carico di assist e giocate illuminanti a spingere l’Empoli di Sarri ad un’insperata salvezza. Il mentore ritrovato nella nuova avventura e la speranza di bissare, fin da subito, il proficuo lavoro attestato nella piana del Valdarno. Disattesa. Sì, perché il calcio, come la vita, non è una fiaba e anche una vetta conquistata con fatica può ripresentare nuove, ulteriori, avversità. I lieto fine vanno conquistati, con il lavoro e la voglia, costante, di migliorarsi. L’ha capito il regista di Lugo di Romagna, finito ai margini dopo un inizio stagione foriero di difficoltà, per lui come per l’intero gruppo, ancora alla ricerca della quadratura definitiva, arrivata di lì a poco. Scalzato da Jorginho non ha proferito verbo, continuato a lavorare in attesa dell’occasione giusta, titolare in Europa League e Coppa Italia i miglioramenti sono stati significativi, crescenti, una condizione sempre migliore che scioglie gamba e mente, sempre più pronta a dettare il passaggio illuminante, di prima, preferibilmente in verticale, cercando la profondità. Ora è pronto, l’ha ribadito, tocca a lui ritagliarsi uno spazio sempre maggiore e vivere l’anno che verrà da protagonista ritrovato.

David Lopez 6: “Non è Gonalons, però potrà darci una mano”. Il benvenuto di Rafa che risuonava come una sentenza, l’emblema di una campagna acquisti al risparmio che avrebbe influenzato una stagione intera. Il centrocampista catalano non ha mai deluso le aspettative, anzi, il classico elemento che, nei suoi limiti, ha sempre garantito il proprio contributo. Limiti palesi, ovvio, di onesto mediano in grado di tenere tempi e posizione in una mediana a schermo, con due uomini a coprire la linea difensiva. Imprescindibile per caratteristiche, ventisette presenze a referto e 2 reti negli ultimi mesi targati Benitez nelle tre competizioni. Arrivata una nuova gestione tecnica, mutano le consegne e con esse il ruolo. Ha continuato a dimostrarsi affidabile, anche da rincalzo nel ruolo di mezzala nello scacchiere di Sarri.

Chalobah 6: Gioiellino, prodotto del vivaio del Chelsea. Il suo arrivo in prestito secco ha fatto storcere il naso a molti, dubbiosi sull’opportunità di valorizzare un talento senza giovarne da alcun punto di vista in ottica futura. Due presenze in Europa League, mostrando subito di che pasta è fatto, marcando il cartellino con una rete da classico centrocampista box to box alla seconda occasione. Lodi al contributo individuale, meno all’apporto al colletivo, parola di Sarri. Ha ancora molto da imparare, il capitano dell’Under 21 inglese originario della Sierra Leone, al 2016 il compito di tracciarne opportunità e prospettive in azzurro, chissà.

De Guzman 5: Tre mesi senza sussulti per poi sparire dai radar, ad eccezione della Coppa Italia, le premesse da jolly offensivo per ogni occasione non mantenute ed un ruolo sempre più marginale anche alla corte di Benitez. Fuori dai giochi fin dai primi rintocchi estivi, la dirigenza azzurra ha fin da subito cercato una destinazione proficua per entrambi senza successo, soprattutto a causa del centrocampista orange e del suo entourage. A gennaio arriverà la definitiva separazione, con pochi rimpianti.

Gargano 5,5: Tra i pochi, con le eccezioni Hamsik e Maggio, superstiti del Napoli che fu. Doveva essere a Napoli solo di passaggio, le contigenze del mercato estivo ne hanno fatto un elemento più che presente nel progetto. Diciannove presenze nella prima parte dell’anno, in tutte le competizioni, mostrando pregi, alcuni, e difetti, molti, ormai conosciuti in ogni minimo dettaglio dalla piazza partenopea. Ha sempre dato tutto, ne va dato atto, in estate il saluto destinazione Messico.

Edoardo Brancaccio

 

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