Fontana e Capparella presentano “Il romanzo del grande Napoli” tra sorrisi, ricordi e suggestivi aneddoti…

Gli ex calciatori del Napoli, Marco Capparella e Gaetano Fontana, sono stati ospiti nell’accogliente location del “Bar Hermanos” di Casoria dove hanno presentato il libro “Il romanzo del grande Napoli”, insieme agli autori Giampaolo Materazzo e Dario Sarnataro. Un’opera che racconta tutta la storia del club partenopeo fin dalla fondazione, per poi passare agli anni d’oro degli scudetti, fino a giungere all’era De Laurentiis. I due ex azzurri si sono intrattenuti rispondendo alle domande dei giornalisti e dei tifosi presenti, ricordando le emozioni vissute all’ombra del Vesuvio e rivelando anche divertenti, e avvolte commoventi, retroscena.

Il primo a prendere la parola è Fontana: “A Napoli ho conosciuto un amico, si chiama Bonny. Ogni volta che passo a Napoli colgo l’occasione per salutarlo. Vi parlo di lui perché una volta mi disse una cosa che mi ha sempre incuriosito, ovvero che un calciatore non può sentirsi tale se prima non passa da Napoli. Ed aveva ragione. La prima volta che ho avuto modo di leggere questo libro ho guardato la copertina con Maradona e mi sono chiesto che cavolo c’entrassi io con lui. Sono orgoglioso di aver fatto parte della grande storia del Napoli. Sarri? Ero convinto fin dall’inizio delle sue abilità. Sta solo confermando ciò che pensavo di lui, ovvero di quanto fosse un grande tecnico. Non posso che augurargli il meglio. Un aneddoto? Vi posso raccontare della storia del finto litigio con Capparella: dovevamo calciare una punizione e facemmo una cosa che provammo il giorno prima in allenamento, inscenammo un finto litigio per depistare il portiere avversario. Ma la cosa davvero curiosa è ricordare la gente che vedendoci litigare per chi dovesse calciare commentava: <<Ma che so’ pazz’, ma che stanno facendo>>. A quel punto io tiro e faccio gol, e la gente: <<E Capparell’ vulev pure tira’ isso>> (tra le risate generali, ndr).

Il mio ricordo più bello? Quando feci l’esordio al San Paolo sulla rampa che da l’accesso agli spogliatoi trovai un vecchietto che piangendo mi disse <<Fonta’ mi prometti una cosa? Che ci togliamo e paccheri ‘a faccia>>. Pensai che una città cosi bella e ricca di storia e virtù cos’ha da vergognarsi? Poi fortunatamente siamo riusciti a farlo felice“. Risponde anche Capparella: “Per me uno dei momenti più belli è stato quando dopo la gara con la Sambenedettese la Gazzetta dello Sport mi dedicò un titolo che recitava ‘Diego Armando Capparella’. Ma anche quando arrivai il primo giorno a Gricignano e trovai una marea di gente che non mi aspettavo. È stata un’avventura magnifica“.

Viene chiesto poi in quale calciatore del Napoli oggi si rispecchiano. E Capparella risponde: “Ero un attaccante destro che spesso giocava a sinistra, viene facile il paragone con Insigne e Mertens. Loro però sono fortissimi, io li guardo e mi compiaccio che il Napoli possa vantare nel proprio organico giocatori così“. Fontana: “Se somigliamo più a Valdifiori o a Jorginho? Un po’ ad entrambi. Di Valdifiori avevo geometrie e lancio lungo, ma avevo anche doti dinamiche come Jorginho. Forse una delle cose che mi ha penalizzato è stato l’avvento di Sacchi. Lui ha cambiato il calcio italiano annullando il trequartista, ovvero il mio ruolo. Io ho dovuto reinventarmi e cambiare ruolo. Forse è per quello che sono arrivato nelle grandi squadre in età più matura. Anche se alla fine penso che ogni calciatore raccoglie ciò che merita”.

Dagli inviati: Pasquale Giacometti e Vittorio Perrone.

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