“Un giorno all’improvviso”, dall’alto verso il basso

“Un giorno all’improvviso”. Un giorno che attendevamo da 25 anni. Una vetta solitaria che mancava dal tripudio al San Paolo contro la Lazio di quel 29 aprile 1990. La danza frenetica dei 60mila di Fuorigrotta è un frastuono di emozioni, un esorcismo nei confonti di tanti pianti e dispiaceri. La cattiva sorte, quasi a nostra insaputa, si è seduta a bordo campo e ha fatto da spettatore disinteressato. Il colpo di testa di Miranda al 95’ ha sempre baciato il palo prima di infilarsi in rete, lasciandoci puntualmente allibiti e con il cuore trafitto. Questa volta no. Questa volta non è entrata. Il silenzio, all’improvviso, è stato squarciato solo dall’urlo di Pepe. Qualcosa è cambiato?

Ottava vittoria consecutiva in casa, inclusa l’Europa League. Cadute tutte le grandi transitate davanti al Vesuvio, aspettando la Roma. Capolista nella notte più attesa, ma anche quella più spigolosa e tremendamente complicata. E ora? Beh, ora abbiamo tutto da perdere. Arrivati in cima, dopo una scalata così faticosa, basta un passo stolto e si ricasca a valle. E’ giunto il momento di dimostrare tutta la maturità che questo Napoli ha costruito finora. Non saremo solo la preda delle nostre inseguitrici, ma anche di critica, addetti ai lavori e occhi indiscreti. La donna più avvenente della serata che, calamitando lo sguardo di tutti, sfilerà con tacco dodici su un tappeto rosso intriso di acqua e sapone. Ma sono le nostre paure l’avversario più ostico. La paura di volare o semplicemente di sapere come ci si comporta senza nessuno da dover acciuffare. Le vertigini rappresentano la prova del fuoco che solo una grande squadra può superare. Il primo ingenuo approccio, negli ultimi venti minuti della gara con l’Inter, ha lasciato qualche perplessità. Ma può fungere da monito, e se non sottovalutato, risulterà un’arma a nostro favore.

Dall’alto verso il basso. La mappa aerea, anche solo dallo schermo di un PC, accresce la nostra capacità visiva e ci consente di monitorare tanti dettagli da una prospettiva privilegiata. Attenti, però, a non scadere in deliri di onnipotenza. Difesa imperforabile, vittorie a grappoli contro qualunque rivale, dominio incontrastato in Europa, tanti meritati complimenti per la qualità della manovra. Quella sensazione latente che ci si può fermare anche per fumare una sigaretta, male che vada lasci la palla al Pipita e lui fa gol da casa sua. Mai abbassare la guardia, mai peccare (magari anche inconsciamente) di presunzione nè tanto meno di narcisismo. L’umiltà e il sacrificio, sputare sangue fin quando le gambe reggono, hanno reso il giocattolo di Sarri formidabile. E non parliamo de fantomatici “eccessi” nella gioia incontenibile di fine gara, rimarcata negativamente solo da chi vuole stuzzicarci. Il riferimento è a quel Napoli spietato che la sfida al vertice poteva e doveva ammazzarla in svariate circostanze. Ci saremmo evitati, con un po’ di cinismo in più, i pianti di Mancini e la santificazione nerazzurra per due pali in trenta secondi al 178’.

Volare bassi, dunque, per prendere quota strada facendo. Ma le miglia da percorrere sono davvero tante. E le rose concorrenti, Roma e Inter su tutti, hanno benzina da vendere. La maestria di Sarri non può diventare magia nera. Il Napoli, per struttura e tipologia di gioco, ha sempre bisogno di essere lucido, rapido e corto. E’ disumano pretendere questo sempre dagli stessi interpreti, con le coppe che più in là entreranno nel vivo. Sognare è lecito e lo è sempre stato. Ora, però, la basi sono granitiche e ad occhi spalancati è obbligatorio porsi degli obiettivi. E perseguirli, passando dalle compere post-natalizie. Noi, anche in ginocchio, accendiamo un cero a Sant’Aurelio e chiediamo questa grazia. Dal basso verso l’alto.

Ivan De Vita
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