“Napoli, batti l’Inter per entrare nella storia delle predestinate che vincono giocando bene a calcio”

Un dubbio…secolare: vincere giocando buon calcio. Non dico spettacolo, così come l’intendono i qualunquisti. Spettacolo è il 6 a 1 del Barcellona alla Roma, puro divertimento alla faccia di un modesto sparring partner come la Roma, squadra che tradizionalmente fa divertire l’Europa, da Manchester a Monaco di Baviera. Giocar bene è godersi almeno dieci partite che il Napoli ha offerto al popolo più appassionato e, singolare coincidenza, alla critica più puntuta: possesso palla dinamico, non perditempo; verticalizzazione efficace grazie all’impostazione difensiva “alta”, in modo di ridurre lo spazio operativo, il che consente scambi rapidi, a volte vertiginosi, completati dai guizzi di classe di Insigne e ancor meglio dal fiuto e dai piedi di Higuaìn che va in gol come un fulmine e scomoda confronti proibiti come quello con Maradona, e in fondo ogni stagione ha bisogno dei suoi eroi che il calcio ha l’abitudine di paragonare agli Dei che se ne sono andati, o a riposo o per sempre. Ho detestato il Tiki-taka di Guardiola, decisamente sostituito dalla frenesia razionale di Luis Henrique: mi permetto di dire, per i buongustai come per i semplici, che il Napoli di Sarri offre un Tiki-taka contenuto, ragionato, sorretto da una difesa solidale, da un centrocampo operoso e da un attacco fulminante.

Ripensavo ieri a Luis Henrique, che Roma rifiutò perché troppo muto e pensieroso, così diverso dai gladiatori del Colosseo (oggi pensionati) per spiegarmi il crollo della Roma non tanto a Barcellona quanto davanti all’Atalanta di Edy Reja, che non è un mago ma riesce puntualmente a sfruttare le disgrazie altrui. Alla Roma di Garcia, mutatosi in breve tempo da giocondo interprete del calcio all’italiana in banale strumento di un mercato che gli consegna ottimi giocatori ma lo imbarazza nella ricerca di soluzioni tattiche adeguate, la lezione di Henrique è costata il doppio del danno che le fece il Bayern un anno fa, ed è possibile che il tecnico venga silurato nonostante il possibile passaggio di turno in Champions.

Il Napoli si batte collezionando solo risultati positivi in una Europa meno impegnativa, è vero, ma mi sembra onesto osservare che anche il primo giro di Champions non è eccezionale, visto che consente alla Juventus di primeggiare mentre nel campionato nostrano è partita col piede sbagliato e fatica a recuperare posizioni soffrendo anche con il Palermo che le ha offerto il suo miglior giocatore, Dybala. Farebbe storia, il Napoli, anche se riuscisse a tener testa all’Inter che Mancini ha trasformato in una macchina da guerra un po’ antiquata, è vero, almeno per quelli che odiano il catenaccio, virtuosa soluzione italica di tanti problemi tattici che affliggono – sotto il nome di moduli – il calcio nostrano. I migliori allenatori del momento – Conte, Sarri, Allegri e Mancini – rifiutano la dialettica del “a tre”, “a quattro” e simili banalità, anteponendo il risultato alla demagogia sacchiana (ben sottolineata in settimana da Vocalelli sul Corriere dello Sport) del Bel Giuoco.

Senza nulla toglierle, anzi potenziandone la discussa immagine, ritengo che solo l’Inter, di questi tempi, può rendere la vita difficile al Napoli. Se non ci riuscisse e il Napoli la spuntasse, anche il più scaramantico dei napoletani parlerebbe di scudetto, magari affidandosi ai classici gesti apotropaici. Altrettanto vale per l’Inter che come dico da tempo – ed ho ricevuto l’avallo di Mazzola – se conquistasse lo scudetto ci porterebbe indietro, sì, ma alla stagione gloriosa di Helenio Herrera.

Italo Cucci per Il Roma

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