Non si arresta la corsa per colpa di qualche livido

Trattenete il respiro per pochi giorni ancora. Da domenica si riparte a tutta birra. Ritmi intensi e ostacoli su ogni fronte. Il cammino del Napoli fino ad aggrapparsi alle renne di Babbo Natale non sarà certo agevole. Pericolosi testa-coda in terre eternamente ostili, scontri al vertice che assumono il sapore di un sogno e l’improvvisa incognita infortuni che non deve mai risultare una discriminante. La solidità mentale che sembra aver acquisito questa squadra ha un mese esatto per ottenere la definitiva consacrazione.

Due settimane di sosta e tanti elementi impegnati in Nazionale, per la “gioia” di mister Sarri e soprattutto di Aurelio De Laurentiis. Due settimane per abbattere due pedine e mezza. Se Higuain dovrebbe recuperare dall’affaticamento muscolare patito nelle due gare della sua Argentina (ma ovviamente non si presenterà al 100% al Bentegodi), per Mertens e Gabbiadini la convalescenza appare più lunga, anche se paiono scongiurati guai seri. Inutile scagliarsi contro le amichevoli internazionali se poco prima si era sollevato un polverone magmatico sulla mancata convocazione di Insigne. Suvvia, un po’ di coerenza. Lascia invece interdetti come a cadere tra le braccia della sfortuna siano proprio due degli elementi più discussi in questo primo scorcio di stagione. Qualche mal di stomaco di troppo e le fastidiose voci di mercato sono sfociate in una forma di malocchio davvero inattesa.

Non voglio certo tediarvi accusando il fato, ci mancherebbe. Piuttosto le defezioni nel reparto più attrezzato della compagine partenopea sono un campanello d’allarme suonato al momento giusto. Mertens e Gabbiadini, alternative di elevata caratura all’undici ormai titolare, sono fondamentali se si vuole puntare in alto. Negli anni scorsi, oltre alla cattiveria e alla concentrazione, al Napoli spesso è mancata la rosa. Se questo tallone d’Achille è stato finalmente evidenziato ce ne accorgeremo il prossimo gennaio. Le altre contendenti preparano fuochi d’artificio e noi non possiamo assistere appoggiati alla balaustra. In mezzo al campo siamo chiaramente ridotti all’osso ed esporci al rischio delle tre competizioni senza porre rimedio sarebbe da incoscienti.

Nell’inferno di Verona già con lividi e cerotti, dunque. Paradossale oserei dire, visto che un match del genere dovrebbe sottoporre i partecipanti alle dovute cure mediche nel post-partita non prima del fischio d’inizio. Un Napoli claudicante ma a testa alta, proprio mentre tra i gialloblù nitrisce il redivivo Toni, il quale scalpita per ricoprire dal primo minuto il suo ruolo di pivot dopo due mesi di stop. La sua presenza (tuttora in forte dubbio) restituirebbe coraggio ad una formazione sull’orlo del baratro, con Mandorlini sulla graticola e il tifo su tutte le furie. Un ambientino discretamente rovente, insomma, laddove già in condizioni normali si è sempre trattato di una battaglia ben al di là del mero valore calcistico. Una battaglia che ci ha visto soccombere malamente nel marzo scorso, in una delle prestazioni più scandalose del Napoli targato Benitez. C’è uno smacco da vendicare, una vergogna decennale da schiaffeggiare. Scendere in campo in punta di piedi sarebbe un errore fatale. E un’offesa all’intero popolo napoletano.

Il mini-ciclo è solo ai nastri di partenza. Roma e Inter ci indicheranno dove svoltare, ma il terreno tortuoso ci condurrà in aree poco ospitali: Bologna e Bergamo sfregano le mani e lucidano le ugole. Nessuno ci regalerà nulla, nessuno l’ha mai fatto. Saliamo su uno sgabello e decoriamo d’azzurro il nostro albero di Natale.

Ivan De Vita

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