“Pigliammc a’bon quann ven, ca a’malament nun manc maje!”

“Com’è bello sostenerti la domenica alle tre!”.

Ma pure alle sei va bene, se questo è il risultato. Forse la lontananza dai pasti fa bene agli azzurri, lo gnocco domenicale è digerito meglio e la pennichella post pranzo ritempra i muscoli e gli animi. Tocca solo portare il caffè un po’ prima ad Hamsik, che per tutto il primo tempo era in evidente fase R.E.M. Quest’orario, forse, è il più congeniale. Anche se, a dirla tutta, io ho fatto una fatica immane pure a capire a che ora dovevo uscire di casa per arrivare allo stadio. E, infatti, ho fatto tardissimo.

Per fortuna, come si era ampiamente previsto, al San Paolo eravamo pochi, ma veri. Sparsi tra i vari settori, eravamo finalmente tifosi che tifavano. E non solo sul 6-2. Basti pensare al richiamo al goal di Higuain che, come un figlio, ce lo siamo coccolati per tutta la partita, sperando in un suo riscatto. O in un crampo di Rafael. Quello buono, però. Sì, perché almeno nel primo tempo, ma anche un po’ nel secondo, abbiamo visto la differenza tra un portiere che para e uno che prega sperando di parare. Anche le preghiere sono servite, certo, ma prima che il Cabral facesse un paio di interventi seri, sugli spalti si erano levati dubbi sul fatto che Bigon avesse capito male e preso il Rafael sbagliato. Volendo dare un po’ di fiducia anche a Riccardino.

In tutti i casi, dopo i saluti a tutto il gruppo, dopo la chiacchierata con chi è stato a Berna e ci ha raccontato la sua verità sugli scontri con il pullman del Napoli, chiaramente molto ridimensionati rispetto a quello che ci avevano fatto credere inizialmente, ammesso che io non giustifico neanche i pugni e gli insulti, dopo aver preso posto accanto all’amico che è venuto apposta da Verona, solo per poterci tornare da emigrante soddisfatto, dopo aver salutato “Guagliò chi ‘o ‘e?” che era una vita che non lo vedevo e dopo aver premiato i bimbetti del torneo degli oratori, ci siamo concentrati sulla partita.

Pronti, partenza e…VIA! Dopo pochi secondi, era già quasi venuta la voglia di andare via. Un’amica sedutami accanto era ancora intenta a sistemare il cellulare e non se n’era neanche accorta. La brutta notizia, di quelle che non riesci a trovare le parole, gliel’ho dovuta dare io: “Federi’, ha segnato il Verona”. Qualcuno avrà pensato che fosse ancora il riscaldamento. La diatriba non è stata nel capire dove fosse l’errore o se avessimo visto male, ma solo per stabilire se fosse avvenuto prima o dopo il trentesimo secondo. Un record. Poi qualche inguaribile ottimista ha pensato che, forse, volevamo dimostrare la nostra ritrovata forza addirittura dandogli un goal di vantaggio. Come se avessimo voluto fare gli sboroni. Una strategia con sorpresa finale. Neanche tanto lontano dalla verità. Ok, ma avvertirci prima, no?!

In tutti i casi, la reazione del Napoli c’è stata e anche quella dei tifosi. Ci abbiamo messo solo quei tre quarti d’ora per segnare il goal del pareggio e lo ha trovato uno dei peggiori in campo: Marek Hamsik. Gli passavano i palloni davanti senza neanche vederli, lento e imbambolato. Qualcuno ha pensato che avesse dimenticato le lenti a contatto e che, quindi, fosse solo un problema di vista. Fortunatamente, il pallone davanti alla porta l’ha visto e, probabilmente, nell’intervallo ha messo anche le lenti. Fatto sta che abbiamo ritrovato un capitano; abbiamo perso volentieri un pallone per regalarlo a Higuain; abbiamo un capocannoniere; un goal regolare annullato che ci stava facendo volare dagli spalti per un abbraccio troppo vigoroso, quanto inutile; un tifoso davanti che, ignaro, stava per volare insieme a noi in braccio al guardalinee con la bandierina del fuorigioco alzata; un panzarotto di Frattamaggiore in bella mostra; un assist-man Albiol che poi si è attaccato alla bombola di ossigeno mentre era omaggiato da Decibel Bellini; un Koulibaly stratosferico, per me migliore in campo, nonostante la sbavatura sul secondo goal avversario; una difesa che fa paura nel senso che sembra ancora un circo degli orrori; un pubblico delle partite che contano, come quella di ieri, per i punti, il morale e la fiducia, che si è rivelato all’altezza della situazione; la certezza che sabato ci sarà di nuovo il pienone, rispecchiando la schizofrenia del tifoso azzurro; una riconciliazione con i santi che, tirati giù fino ad ora, farebbero bene a pensare ad una pace totale con un miracolo sabato prossimo, proprio nel loro giorno; un sorriso nel salutarsi a fine partita che non si vedeva da troppo tempo e, finalmente, la voglia di vedere gli highlights.

Ho letto sui social tanto entusiasmo, ma anche qualcuno che invita a non esaltarsi troppo, che la difesa fa ancora ridere, che la tripletta di Higuain può essere un caso e che Benitez è sopravvalutato. Un proverbio napoletano recita: “Pigliammc a’bon quann ven’, ca a’malament nun manc maje!”. Ecco. I sei, anzi, sette abbracci di ieri  li dedico decisamente a chi riesce ancora a lasciarsi andare e a viversi sempre le cose buone.

E, chiaramente,  Forza Napoli!

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