Maurizio de Giovanni: “Una notte come tante trasformata nella rinascita partenopea…”

Eppure sembrava una serata come tante. Troppe. Anzi, peggio delle altre, con il tiro della domenica del solito mediocre che arriva al “San Paolo” e viene posseduto dallo spirito di Chissà Chi: addirittura stavolta un tiro a volo da fuori area dopo 30 secondi. Da abbattere un toro, insomma. Sembrava la notte definitiva, quella che rischiava di amplificare la confusione e la pioggia delle contumelie da parte dei tifosi appassionati e perciò stanchi di subire, di vedere indossata quella maglia senza sapienza e senza volontà e quindi perdente.

Peraltro al gol della domenica dopo trenta secondi era seguito un terribile e intenso attaccare a testa bassa, col solito portiere
sconosciuto a parare anche l’impossibile, con una messe di calci d’angolo inutilizzati e percentuali triple e quadruple di possesso palla senza risultato. E man mano che i minuti trascorrevano e il
punteggio rimaneva identico, davanti agli occhi si parava lo
spettro dell’ennesima e forse definitiva sconfitta, che sarebbe
stata il timbro sulla carta bollata del fallimento stagionale, così
presto, troppo presto.

Man mano che passavano i minuti e si avvicinava l’intervallo, tra i tifosi sugli spalti, nelle case e nei bar si formava la convinzione scaramantica che, se non si fosse riusciti a pareggiare entro la fine del primo tempo, sarebbe stata preparata la famosa tragedia sportiva. E arriva atteso come un primogenito, come il primo sole di primavera, il risveglio: quello del capitano.
Arriva come ai vecchi tempi, con un sapiente inserimento dalle
spalle, il centrocampista immarcabile perché dotato delle movenze del falco, rapace e chirurgico. È stato allora, all’ultimo respiro
della prima fase, che abbiamo immaginato che sarebbe stata
una notte diversa: forse era la speranza, la stessa che ci aveva animati ogni volta quest’anno, ogni volta sbagliando. E invece, anche
per la forza dei grandi numeri, stavolta non si sbagliava.

Ed è arrivato il secondo gol del capitano, tira una volta, tira due volte, tira tre volte e mettila dentro. C’era un’altra aria in campo, era l’aria della consapevolezza dell’ultima spiaggia. Ieri sera si voleva vincere. Mai fantasmi si accantonano e si allontanano,
non si uccidono e quindi si ripresentano; il cuore ha mancato un battito quando un altro sconosciuto ha approfittato dell’amnesia difensiva che è di serie, e ha pareggiato. A quel punto serviva l’esorcista: e l’esorcista, come il pubblico scandiva da diversi minuti, portava il numero nove sulle spalle. L’abbiamo chiamato,
l’esorcista: ed è arrivato puntuale, bussando non una, non due ma tre volte, ed è stato il secondo e forse più bel risveglio,
nella notte del cambio di direzione; non l’ultimo, perché a
quel punto anticipando Halloween si è risvegliato Albiol con un’azione infinita e meravigliosa
che ha portato la seconda palla sul piede di Higuain, e si è risvegliato perfino Rafael con la parata giusta sul pallone giusto, che
avrebbe riportato i fantasmi in campo.

Fantasmi cattivi, ma anche fantasmi buoni: e quindi il Grande Calleti ci mette lo zampino e sale sulla cima della lista dei marcatori, senza rigori e senza punizioni e solo con la sua immensa classe e con la famosa, più volte evocata cazzimma. Due annotazioni a margine, però, ce le permettiamo. Ingiusto chiudere la bocca ai ragazzi, che avrebbero potuto e dovuto
dirci come si sentivano nella notte del risveglio. Non si toglie ai tifosi la voce dei loro beniamini, nel momento in cui quella voce è
gioiosa, dopo averla dovuta sentire triste e tremante. E giusto invece applaudire, dopo aver criticato, senza fare distinzione di carri di vincitori e di sconfitti. Il tifoso paga, e paga tanto, non solo in termini di soldi ma di passione: ha il diritto di fischiare e criticare quando le cose non vanno bene, e ha ancora di più il diritto di essere felice, se il campo lo rende felice. E il tifoso, si sappia, è felice in un solo caso: se il Napoli vince. A
buon intenditor, mezza parola.

Maurizio de Giovanni per Il Mattino

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