Da Berna torna un Napoli con le ossa rotta. Inutile ogni considerazione, se ai soliti difetti se ne aggiunge uno ben più grave. C’è rimedio: a patto che succeda una cosa

La stagione del Napoli prosegue sulla falsariga di come era iniziata. E la sensazione, forte, è che la sofferenza di questo periodo sia destinata a durare ancora. Le tre vittorie consecutive contro Sassuolo, Slovan Bratislava e Torino avevano dato fiato ad una classifica asfittica, e soprattutto morale ad un ambiente già depresso a fine Settembre. Il pareggio con l’Inter aveva lasciato l’amaro in bocca per il doppio vantaggio sciupato entrambe le volte in sessanta secondi. Ma almeno il Napoli, fatta eccezione per il primo tempo abulico, era sembrato vivo.

SOLITI ERRORI – La partita con lo Young Boys avrebbe dovuto dare conferme della crescita del gruppo, oltre a mettere – con una vittoria – un’ipoteca sul passaggio del turno. E’ successo esattamente il contrario. E contro un avversario, non ce ne vogliano gli uomini di Uli Forte, che definire modesto è dir poco: i gialloneri di Svizzera in questo momento occupano il quinto posto in un campionato, quello elvetico, composto da sole dieci squadre. Insomma, anche il Napoli di ieri sera, messo in campo con otto giocatori diversi rispetto a San Siro, avrebbe potuto batterli, anche se con un pizzico di difficoltà. E invece, a dispetto di un primo tempo in cui hanno provato perlomeno a impensierire Mvogo con le conclusioni di Mertens e de Guzman, nella ripresa gli azzurri hanno confezionato la più classica delle frittate. E tralasciando il secondo gol, arrivato nel recupero in contropiede, il copione è stato quello solito: cross dall’esterno, difesa drammaticamente ferma sulla linea dell’area piccola e palla che arriva ad Hoarau, che tutto solo al vertice dell’area di rigore può battere Rafael nel più classico dei rigori in movimento. Analizzato il gol e riscontrate le colpe nella solita fase difensiva che fa acqua da tutte le parti, ciò che fa più paura è quanto successo dopo.

VOLTI SPENTI – Perchè? Vi starete chiedendo. Semplice: quando è andato a segno lo Young Boys, correva il minuto 7 del secondo tempo. Il che significa, se la matematica non è un’opinione, che alla fine della partita mancavano 38 minuti, più recupero. Vale a dire, quasi un tempo. Vale a dire, tutto il tempo – per una squadra come il Napoli – necessario a trovare il pareggio e a ribaltare il risultato. Perchè può capitare, e capita, anche alle grandissime squadre di prendere gol e di andare in svantaggio contro un avversario di gran lunga inferiore. Ma le grandi squadre portano il pallone a centrocampo, battono e mettono in chiaro le cose. In una parola, reagiscono. Esattamente ciò che non ha fatto il Napoli: dopo lo svantaggio, sui volti degli azzurri si leggeva scoramento. E’ questo fa più spavento della sconfitta stessa: avessimo visto un Napoli creare occasioni su occasioni, pareggiare o vincere la partita, magari anche perderla ma dopo aver sputato sangue, il giudizio sarebbe stato diverso in tutto. E invece niente. Allo Stade de Suisse il Napoli ha fatto emergere ancora una volta tutti i suoi difetti, cui se ne sta aggiungendo troppo spesso un altro: la mancanza di grinta. Di quella cazzimma invocata a giusta ragione da Inler nel prepartita. Questa forse è l’unica nota lieta, a voler essere ottimisti: se il Napoli ha individuato nella mancanza di determinazione e furbizia le ragioni di quest’inizio di stagione turbolento, può ancora porvi rimedio. A patto che gli azzurri si guardino dentro, e subito dopo negli occhi reciprocamente. C’è una maglia da onorare, e dei tifosi da rispettare. Anche con il coraggio di recarsi sotto la curva dopo una sconfitta del genere, cosa che ieri sera non è accaduta.

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