Il coraggio di cambiare, necessaria una scossa a gruppo ed ambiente

Fedele alla linea, fedele al suo credo tattico, alla sua idea di calcio. Senza se e senza ma, citazione cara al patròn azzurro e che attualmente gli si sta ritorcendo contro, Rafa Benitez in questi 15 mesi azzurri ha palesato questa caratteristica, più di ogni altra qualità. Tecnico dal palmarès inappuntabile, carisma(almeno fino ad oggi) indiscutibile, un uomo di calcio lungimirante – il suo appello alle strutture faccia riflettere – il maestro di Madrid ha però, in questi mesi all’ombra del Vesuvio, lasciato il fianco scoperto ad una critica costante, di facile respiro. Proprio come già accaduto con Walter Mazzarri, morbosamente legato a quel contesto tattico che tante soddisfazioni ha regalato in carriera al tecnico livornese, Benitez non ha mai dato la minima impressione di voler sciorinare qualche alternativa al suo 4-2-3-1, ad un’idea di gioco che ha sicuramente i suoi pregi ma che ha già nella scorsa, buona, stagione ha palesato tutti i suoi limiti.

A fil di spada – C’era una volta Pepe Reina, che con la sua grinta riusciva a guidare la retroguardia partenopea, che con i suoi miracoli riusciva a tenere in piedi una barca spesso in balia di una tempesta. C’era un Federico Fernandez in crescita costante e repentina, che con Albiol aveva raggiunto feeling, sinergia. C’era un gruppo più compatto che non era ancora passato sotto le proprie Forche Caudine, non nel Sannio ma nei Paesi Baschi, e che nonostante un calcio alla spagnola, tutto brio e spregiudicatezza, riusciva a far trasparire un alea di solidità. Tutto questo non c’è più, dalla notte del San Mames il declino è stato costante e inesorabile, una costante picchiata senza paracadute, ed il risultato è sotto gli occhi di tutti. La fase difensiva partenopea è un colabrodo, figlio di una fragilità tecnica e mentale. Il risultato è eloquente: la porta del portiere azzurro Rafael sempre perforata in questa prima parte di stagione.

Colpo di coda – In momenti come questi appare necessario un segnale, di quelli forti, di quelli che attestano la volontà di lottare con le unghie e con i denti. Benitez non è un masochista, di questo ne siamo certi, ma è umano trovare delle difficoltà, vivere momenti non semplici nel corso della propria carriera. Fasi della stagione in cui un’impronta può essere data solo da una forte scossa, da una modifica a quell’assetto che al momento questa squadra ha dimostrato di non reggere. Compattare la metà campo, togliere un uomo alla fase offensiva, sembra quantomeno necessario per tamponare quest’emorragia che ormai attanaglia la retroguarda azzurra. Ricompattarsi anche mettendo in discussione sé stessi, più che un’idea, una possibilità. Alla ricerca di una svolta.

Edoardo Brancaccio

 

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