Raffaele Auriemma: “Benitez a difesa della città come Masaniello ma nel calcio conta solo una cosa…”

Finalmente. Era ora che arrivasse qualcuno da fuori per difendere Napoli, una città troppo spesso massacrata soprattutto per mano di chi ci vive. Bravo Rafa, davvero, era dai tempi di Francesco II di Borbone che nessuno prendeva una posizione tanto forte, quanto l’ultimo sovrano delle Due Sicilie che amò sinceramente il suo popolo. L’arringa è stata accorata, tanto da mostrarsi come mai in precedenza in pubblico, sudato e ansimante per l’insolita passione utilizzata al fine di spostare l’attenzione lontano da un’eliminazione cocente ed un mercato infelice. Per poi additare “nemici” che, loro per primi, non fecero fatica ad esaltarne le gesta quando il Napoli vinse a Milano o mise sotto Juventus e Roma nella sua prima stagione da allenatore azzurro. O partenopeo che dir si voglia, perché da ieri si è attribuito da solo la qualifica di separatista, il patriota che sfugge all’Europa unita e riconsegna l’Italia ai tempi in cui ci si faceva guerra Comune per Comune.

“Viva Rafa”, urla il suo “pueblo fiel”, ripercorrendo al contrario i fatti raccontati dalla storia, per vestire, lui castigliano doc, i panni di Tommaso Aniello D’Amalfi, il mercante rivoltoso che 350 anni fa scatenò la rivolta popolare contro le gabelle imposte dal governo spagnolo. Finalmente abbiamo ammirato l’orgoglio di don Rafè che troppe volte aveva coperto dietro sorrisi dipinti e risposte di comodo. Ora sì che ha assunto le sembianze del condottiero, così tanto da incitare la squadra a rendere di più e cancellare gli errori passati che lui stesso aveva ammesso. Vedrete che oggi il Napoli darà il meglio di sé, travolgerà il Chievo che non avrà chance e tutti esulteremo per la vittoria della “nostra” squadra del cuore. Sì, la “nostra”, di quelli che non dicono “Forza Napoli sempre” sol perché stipendiati dal club, ma perché siamo nati qui, con addosso una fede che nessun editore avrebbe mai potuto condizionare, da 30 anni a questa parte, cioè molto tempo prima di quando Benitez cominciava ad allenare. Chi arriva qui, poi, si lega a tutto ciò che Napoli esprime. Pure Rafa ha subìto lo stesso fascino e chissà quanto si sarà rammaricato di non aver portato più moglie e figlia a vivere con lui, dopo aver cercato una casa confortevole a Posillipo. La famiglia è a Liverpool, dove ha trascorso l’ultima, controversa settimana di vacanza. Gli ha fatto bene riposare, essendo tornato a lavoro con le motivazioni alle stelle ed un senso di Napoli che, siamo certi, si tradurrà ben presto in un rinnovo pluriennale del contratto. Chissà con quanta ansia aspetterà il ritorno del presidente dagli Stati Uniti per firmare quell’atto d’amore più che di lavoro, un impegno morale avente come fine il solo bene del Napoli, tanto da immaginare di sottovalutare il senso del danaro ed accettare anche un contratto al minimo sindacale.

Così sì, la tifoseria del Napoli avrebbe la piena consapevolezza che Benitez sia davvero diventato uno di noi e per sempre lo sarebbe, come è successo a Pesaola e Vinicio rimasti a vivere sotto al Vesuvio. Solo con un allenatore-tifoso si potrà tornare a vedere altri calciatori napoletani in squadra, o magari anche solo italiani, giacchè Jorginho è l’unico italo-brasiliano acquistato da De Laurentiis da quando ha affidato le redini del mercato tra le mani del coach spagnolo. Ma bisogna fidarsi di lui già adesso che ha giudicato il mercato del Napoli “perfetto”, aggiungendo che “la squadra è più forte ed equilibrata dell’anno scorso”. I tifosi credono ciecamente in lui e queste osservazioni aprono il cuore di chi tifa Napoli rimettendoci di tasca propria, nell’attesa spasmodica di riuscire a vincere quello scudetto che manca da 24 anni. Senza la Champions, poi, sarà ancora più comodo tenere testa alla Roma ed alla Juventus, apparentemente meglio attrezzate nella corsa al titolo. E’ stato veramente bello sentire ieri l’orgoglio nazionalista di Benitez, una dissertazione-fiume nel corso della quale ha inquadrato bene il senso di Napoli quando ha detto che “il tifoso è intelligente”. Ed a quel tifoso ha aggiunto che “non bisogna aver paura di pronunciare la parola scudetto”. Ecco, è quel pezzetto tricolore che lega la gente di Napoli a chiunque venga qui da professionista, per guadagnare il giusto ingaggio. Null’altro. Perché puoi essere Masaniello quanto vuoi, se non porti i risultati, la storia racconta che non finisce benissimo.

FONTE Raffaele Auriemma per Tmw

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