Ciro Ferrara: “Insigne tranquillo, anche il Napoli tricolore fu criticato. Nel mio Napoli 13 campani, riflettete. Il gruppo di Rafa può lottare per lo scudetto”

«Noi eravamo tredici tra napoletani e campani quando vincemmo il primo scudetto: e forse questo non è stato proprio un caso». Ciro Ferrara, per intenderci, non è solo«’o core’e Napule» che ha messo radici a Torino,ma ha vinto nella sua carriera da calciatore che sembrava non finire mai otto scudetti(da Maradona a Del Piero passando per Baggio e Zidane), una Coppa dei Campioni,una Coppa Uefa,una Supercoppa europea,una Coppa Intercontinentale e due coppe Italia. «Non è preciso: c’è pure lo scudetto con gli Allievi del Napoli nel 1984».Virtualmente,è il giocatore italiano che con Furino,Ferrari e Rosetta ha vinto più campionati. Solo che quello del 2005 alla Juve lo hanno revocato. Ha indossato appena due maglie, quella del Napoli e quella della Juve, per appunto,in anni in cui i giocatori cambiano più costumi di miss Italia. Carriera formidabile. Una delle prime immagini che vengono alla mente è lui che fa il gavettone a Galeazzi mentre intervista il Pibe de oro il giorno dello scudetto del Napoli.

Ferrara, ieri Benitez è tornato a lavorare a Castelvolturno. Che ne pensa?

«È stata una cosa molto inusuale la sua assenza in questi giorni,ma fino a un certo punto:il calcio inglese vive di queste situazioni. Alcuni amici mi hanno spiegato che in Premier spesso,anche pochi giorni prima della partita, i tecnici non si presentano agli allenamenti mollando le redini agli altri».

Dalle nostre parti, stona un po’.

«È vero,ma questo non giustifica lo scetticismo.Poi si è messo nelle mani del mio amico Fabio Pecchia,uno dei suoi migliori acquisti.Però io da calciatore ci sarei rimasto un po’ male:ma come,non ci sono i nazionali e il mio allenatore se ne va in vacanza? E io chi sono, allora?».

L’eliminazione in Champions brucia ancora.

«Per dimenticarla più in fretta,De Laurentiis dovrebbe offrire subito il rinnovo del contratto a Benitez. Sarebbe un segnale importante anche a tutta la squadra e rafforzerebbe il progetto attuale.Ovvio,a patto che il presidente del Napoli voglia riconfermare Rafa anche nel futuro».

Certo, questo non è più il campionato più bello del mondo: perché vogliono andare tutti via?

«Leggevo che il Napoli, la terza forza della serie A, ha un monte ingaggi di quasi settanta milioni: al confronto con il resto d’Europa è chiaro che il nostro movimento attraversa delle difficoltà.Soprattutto economiche,ancor prima che di fascino. Certo, io ho giocato contro Van Basten, Klinsmann, Ronaldo e adesso non è che quelli che vengono in Italia sono assai migliori dei nostri».

Per questo non invidia il lavoro di Conte?

«Antonio è uno che sa il fatto suo:gli sono bastati novanta minuti per mettere tutti d’accordo.Domenica avevo tra le mani gli appunti della prima giornata della serie A: su 220 calciatori in campo,solo 96 erano italiani. Ed è inutile dire che gli stranieri non erano Careca,Zidane,Zamorano o altri. Zaza gioca nel Sassuolo, per esempio. E Immobile è andato in Germania forse perché le nostre squadre migliori non si fidavano tanto di lui».

Già, una vera fuga. Lei non ha mai ceduto alla tentazione?

«Fuori ci sono dei progetti vincenti e grandi stadi. E stipendi più alti. Io ho tentennato solo quando Vialli mi chiamò al Chelsea. Quel no resta un mio rimpianto».

A proposito di italiani: nel Napoli ci sono solo Maggio e Insigne.E Lorenzo vive un momento particolare.

«Perché Napoli ha sempre avuto un rapporto particolare con i napoletani in campo. Anche io,nel 1991/92 quando in panchina c’era Ranieri, attraversai un momento difficile perché non vivevo un buon momento di forma.E il pubblico non mi perdonò praticamente nulla. Anche in maniera eccessiva».

Che consigli dà a Insigne?

«Di stare più tranquillo. Certi gesti,li capisco, sono più frutto della delusione che della rabbia nei confronti di chi fischia.Ma il bello di Napoli è che basta fare gol e la gente dimentica tutto».

La passione enorme è travolgente: ma quando si perde?

«È il prezzo da pagare in una piazza che vive di calcio dalla mattina alla sera.Non si fa che vedere nero in tutte le cose:l’eliminazione in Champions è stata una cosa grave ma credo che le critiche siano esagerate».

Capitò anche a voi?

«Certo.Vincemmo il primo scudetto e ci trattarono da eroi leggendari. Perdemmo il secondo e dissero che c’era stata di mezzo la camorra e chissà che cosa era successo…Ma Napoli è un luogo fantastico dove giocare al calcio».

Qualcuno,questa estate, pare aver detto di no proprio per le voci sulla Terra dei Fuochi, la criminalità…

«Io non ci credo. Napoli è un obiettivo per tutti quelli che giocano al calcio. Il motivo che rende difficile il lavoro di Bigon è un altro: il tetto degli ingaggi e i diritti d’immagine che frenano gli ingaggi dei giocatori importanti».

Non è troppo «internazionale»questo Napoli?

«Ci sono tanti campioni, Higuain su tutti che è una delle poche stelle che resistono ancora in questa serie A. E che dobbiamo tenerci stretti. Ma secondo voi, è stato un caso che nello spogliatoio che vinse il primo storico scudetto ci fossero, oltre a Maradona,13 giocatori campani?».

Senza Champions crescono le quotazioni scudetto degli azzurri?

«Sinceramente, non penso. Se sei una grande squadra, e il Napoli lo è, vuoi giocare il mercoledì nei grandi stadi d’Europa e non il giovedì quando non ti vede nessuno. Higuain, per esempio, non credo che neppure l’abbia mai giocata l’Europa League,tranne lo scorso anno con il Napoli. Infatti quelle frasi dopo la gara di andata con l’Athletic non mi sono proprio piaciute,sembravano proprio parole di addio».

La Juventus davanti a tutti?

«Piano. Il Napoli potenzialmente può lottare fino alla fine con i bianconeri. Anche perché a Torino devono fare i conti con il cambio di tecnico: avranno ancora fame, sarà intatto l’aspetto motivazionale di un gruppo reduce da tre scudetti di fila?».

Lei che ne ha vinti otto, che dice?

«Che non è facile. Però, vincere aiuta sempre a vincere».

Che voto dà al mercato del Napoli?

«Era difficile per i paletti di cui abbiamo parlato prima.Però bisogna dare fiducia:sono gli stessi dirigenti che dodici mesi fa hanno portato Callejon e Mertens facendo due grossi colpi».

Lei è stato a un passo dalla panchina della Corea del Sud?

«A inizio settembre a Londra ho incontrato i dirigenti coreani. Un bel progetto, ero interessato ma poi hanno preso un altro».

Già, Uli Stilike. Sembra una presa in giro…

«È vero.Quando giocavo nelle giovanili del Napoli c’ero io e c’era un altro Ciro Ferrara. Per l’allenatore e gli altri compagni eravamo un problema. Così decisero di usare i soprannomi: lui era Totò, a me toccò quello di Stielike. Proprio il nuovo ct della Corea del Sud».

C’è un altro Ferrara che può fare la sua carriera?

«Paolo ha 23 anni e due anni fa mi ha detto:”Papà smetto”.E io:”Perché quando hai cominciato?”.L’altro ha 13 anni e gioca centrocampista,piede sinistro.E spero solo che si diverta ancora tanto».

Fonte: Il Mattino

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