IL MATTINO – Giovanni Esposito: “La morte di Ciro resterà per sempre un dolore immenso. Vogliamo giustizia, troppe cose ancora poco chiare”

Giovanni Esposito fa fatica a raccontare. Vede il figlio Ciro accasciato, sofferente e ferito riverso sull’asfalto dello stradone di Tor di Quinto. “È un dolore enorme che non troverà pace finché tutti i colpevoli non saranno in carcere”. Il cuore del suo ragazzo smetterà di battere dopo un mese e mezzo di speranza e di preghiere. Gli occhi del signor Giovanni, mentre rivede con noi il filmato, sono impietriti. È una prova enorme,
quella a cui si sottopone: sa che in quei secondi il petto del figlio è sporco di sangue. “Solo per amore della giustizia e non per vendetta”, ribadisce. Parla e rivive il calvario di Ciro, disteso su un letto d’ospedale, coperto di tubi e mani che tenteranno – invano – di salvargli la vita. Niente da fare.

Cosa capisce da queste immagini?
“Più che altro non capisco. Non capisco perché quell’agente di polizia che scende dall’auto non si precipiti subito ad aiutare mio figlio. Non lo ha nemmeno guardato, ha girato intorno alla lettura a cercare qualcuno ma non a dare una mano al mio ragazzo che era lì a terra. Neppure uno sguardo gli hanno degnato. Ma non capisco anche altro. Perchè con la stessa rapidità non è intervenuta un’ambulanza? Io sono sicuro che con dei soccorsi
più tempestivi mio figlio si sarebbe potuto salvare”.

Lei è molto amareggiato. Con chi ce l’ha?
“Penso che lo Stato quel giorno non ha funzionato. Altrimenti
mio figlio oggi sarebbe qui”.

Che domande vorrebbe fare?
“Vorrei chiedere a quell’agente perché non ha preso da terra mio
figlio, non se lo è caricato a bordo e portato velocemente in un
pronto soccorso? Invece è passato un’ora fino all’arrivo
dell’ambulanza”.

Mai suoi interrogativi non finiscono qui, immaginiamo?
“Certo. Vorrei sapere perché quando sono arrivati i soccorsi il
primo ad essere trasportato in ospedale è stato De Santis anche
se le sue condizioni non erano chiaramente così gravi come quelle di mio figlio? E poi perché De Santis al Gemelli e mio figlio al
San Pietro dove non c’è una sala di rianimazione. E si è così perso
altro tempo”.

Riesce a vedere le partite in tv da quando non c’è suo figlio?
“Non le ho mai viste volentieri, era lui il tifoso a casa. Gli dicevo: guarda lì non c’è sport, giocano solo i soldi. Un paio di volte ci sono andato, per rispetto a lui, per cercare di vederlo in mezzo alla folla, in mezzo agli altri nella curva. Ma lui purtroppo non c’è più”.

Pensa che siano stati individuati tutti gli autori del raid contro suo figlio?
“Sì, sanno chi è stato. Conoscono i nomi di tutti, il problema è
adesso farli venire fuori. La famiglia Esposito non vuole la
vendetta, non vuole sentire questa parola. Vuole la giustizia,
perché lo sport non può macchiarsi di queste atrocità. I
colpevoli devono andare in carcere, chiunque essi siano. Altrimenti la violenza continuerà a dominare il calcio e dovremo
continuare a sentire frasi terribili come quella che Gastone sta
insegnando a uccidere”.

Se avesse davanti a sé De Santis, cosa gli direbbe?
“Direi a Gastone che fino ad adesso ha fatto la testa di legno,
meglio che dica chi c’era con lui e perché lo hanno fatto. Perché
quello che è successo a Tor di Quinto era chiaramente un attentato per uccidere qualcuno, non c’è nulla di ultras in questa vicenda. Un gruppo di tifosi romanistiche assale i bus di tifosi napoletani nel giorno di Napoli-Fiorentina? Non ne vedo il nesso. Perché non c’è un nesso”.

Cosa si aspetta adesso?
“Che lo Stato venga da me, a Scampia, e mi spieghi quello che
è successo quella sera. Fino ad adesso mi sarei aspettato un
qualcuno delle istituzioni, magari anche il sindaco di Roma, venisse da me, per scusarsi. Nessuno ne ha avuto la decenza. Quando
saranno pronti, io li accoglierò a braccia aperte. A Scampia”.

Le indagini a che punto sono?
“I miei avvocati, Angelo e Sergio Pisani, non fanno che raccogliere
testimonianze e documenti per ricostruire quello che è successo.
Mi hanno promesso che non smetteranno mai di cercare la verità. Perché questa vicenda non deve essere mai dimenticata,
neppure per un secondo. Invece in qualche momento penso che sia già stata archiviata”.

FONTE Il Mattino

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