C’era una volta il calcio, senza social network. E forse era migliore di quello attuale…

I social network, in linea di massima, non sono demoniaci e nemmeno essenziali. La loro utilità dipende principalmente dalle modalità con cui vengono utilizzati. Anche i calciatori, come la maggior parte dei giovani d’oggi, non ha resistito alla “tentazione”, sbarcando sui vari Facebook, Twitter ed Instagram. Un modo più diretto per essere vicini ai tifosi, postando foto, pensieri e scambiando messaggi con i propri sostenitori.

Tuttavia, non sempre c’è un lieto fine e spesso, purtroppo, i profili dei calciatori diventano il luogo ideale per scatenare polemiche, alcune delle quali anche feroci. L’ultimo che, in ordine di tempo, è caduto nella “trappola social” è stato Lorenzo Insigne. Anzi, a dirla tutta, è stata la moglie Jenny, subito dopo i fischi ricevuti dal numero 24 azzurro dai propri supporters, ad innescare una vera e propria bomba, offendendo una parte della tifoseria ed affermando: “Non lo meritate a Napoli”.

Ed ancora ieri, in quel di Ischia, un altro post: “La gente mormora, falla tacere praticando l’allegria”. Partiamo da un dato di fatto: la verità sta nel mezzo. Lady Insigne non ha tutti i torti, poiché fischiare un napoletano in difficoltà (risparmiando altri calciatori) non è sano, non è bello da vedere. Tuttavia, alimentare la polemica sui social network non farà altro che incrinare ulteriormente il rapporto tra Lorenzo e la piazza partenopea. Poco prima di Insigne, anche Alessio Cerci ha avuto problemi “sociali”, con un tweet in cui ufficializzava il suo passaggio all’Atletico Madrid, salvo poi affermare che “un hacker si era impossessato del suo profilo”.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: possono le società intervenire, “consigliando” ai propri tesserati di moderare l’uso dei social network? Il modo di comunicare è cambiato. Bisogna però capire se in meglio o in peggio…

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