Antonella Leardi: “Stasera in curva B come avrebbe fatto Ciro, ma ringraziamo De Laurentiis. La nostra famiglia vuole giustizia”

Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito ha scritto una suggestiva lettera per la Gazzetta dello Sport.

Questa sera il mio Ciro sarebbe stato al San Paolo, al suo posto, in Curva B. Non si sarebbe perso per nulla al mondo l’esordio stagionale del suo Napoli, l’inizio di una nuova grande avventura in Champions. Sarebbe andato con i suoi amici del cuore e avrebbe messo in campo l’enorme e sana passione che aveva per questi colori. Avrebbe cantato, incitato, tifato per i suoi idoli. Li avrebbe sostenuti dal suo posto, senza risparmiarsi, ma senza insultare gli avversari, come gli abbiamo sempre insegnato. Io gli avrei preparato i panini e il casatiello e glieli avrei infilati nello zaino. Sì, lo zaino con le bretelle arancioni che indossava anche in quel giorno maledetto. Lo avrei salutato sulla porta di casa, raccomandandogli come al solito di stare attento. Poi, avrei guardato la partita in tv con mio marito e al fischio finale avremmo atteso insieme il suo ritorno a casa. Questa sera io, Giovanni e il resto della famiglia saremo tutti al San Paolo, in Curva B. Ringrazio il presidente De Laurentiis, che ci aveva invitati a vedere la partita accanto a lui. Ma io preferisco andare in Curva e occupare il posto di Ciro.

Voglio comportarmi esattamente come avrebbe fatto lui, tifare come avrebbe fatto lui, cantare con lo stesso entusiasmo che avrebbe usato lui. I tifosi organizzeranno una coreografia in ricordo di mio figlio e io sarò felice e orgogliosa di farvi parte. Non ho mai capito molto di calcio né riesco a cogliere l’importanza di una partita, ma so che stasera, per l’esordio in Coppa del Napoli, devo esserci e, ancora una volta, onorare la memoria di Ciro. Non è stato il calcio a uccidere un ragazzo di 29 anni, un ragazzo d’oro, leale, di sani principi, che ha avuto solo il «torto» di comportarsi da eroe. Sì, oggi voglio ribadirlo: mio figlio si è comportato da eroe, è morto per difendere un pullman di famiglie, donne, bambini. Io sono e resterò sempre orgogliosa di quello che ha fatto Ciro. Chi lo ha ucciso, di questo ne sono sempre più convinta, ha compiuto un atto terroristico. Ha sfruttato il calcio per commettere una violenza inaudita, impensabile, immotivata. Ed io, a distanza di mesi, continuo a farmi sempre la stessa domanda: perché? Ma la vita continua, deve continuare. E allora, da quel pomeriggio maledetto, e finché ne avrò le forze, continuerò a lanciare lo stesso inequivocabile messaggio: no alla violenza. Lo voglio ribadire a tutti, ai napoletani e alle altre tifoserie italiane: non vi azzardate a vendicare il mio Ciro. Non osate macchiare in alcun modo il suo nome puro. Non versate altro sangue. Io, mio marito, i miei figli, Simona e tutte le persone che volevano bene a Ciro chiediamo una sola cosa: giustizia. Ma non vogliamo vendette. Questo messaggio è stato recepito da tanti, ma non ancora da tutti. E finché ogni forma di violenza non sarà stata allontanata dagli stadi e dalle strade, non smetterò di lottare. Lo devo a Ciro e ai tanti tifosi perbene che in questi mesi mi sono stati vicini e ogni giorno mi incitano, dandomi la forza di andare avanti. Li ringrazio, li stringo tutti in un abbraccio, anche i tanti romanisti che hanno voluto rivolgermi una parola d’affetto. Ecco, a distanza di mesi se c’è una cosa che mi rattrista ulteriormente: è il silenzio della Roma. Mi fa male e mi fa pensare male. Dal 3 maggio aspetto un gesto, una parola, anche un piccolo cenno. Mi farebbe trovare un po’ di pace, forse. Se non volete farlo per me, fatelo per Ciro

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