Napoli aspetta Insigne, lo scugnizzo è pronto a trascinare gli azzurri ai gironi di Champions

Uno contro tutti: in una sfida ch’è calcio ma altro ancora, è senso d’appartenenza, è identità allo stato puro, è tradizione inattaccabile o anche utopia, è modernismo oppure l’esatto opposto. Uno contro tutti: e in quello scugnizzo che racchiude la Napoli del Terzo Millennio, la sua capacità di isolarsi, emigrare, esplodere e poi rimpatriare, c’è il braccio di ferro con chi delle radici ha fatto un must e ancora le difende, le lascia ramificare in quel campo che non potrà mai essere meno verde di quella del vicino o del nemico. Si gioca e la bandiera è Lorenzino Insigne, il superstite d’una idea germogliata in De Laurentiis dieci anni fa, che poi via via l’ha lasciata sparire, l’ha soppressa.

IL PASSATO. C’era una volta: cominciano sempre così le favole, ignorandone l’epilogo. E «il Napoli dei napoletani» nacque nel 2004 ed è sfiorito nel tempo, attraverso una conversione dettata dalle esigenze ma anche dalla difficoltà di reclutare prime firme per un calcio d’autore, internazionale sempre, a prescindere da se stesso. Era il primo De Laurentiis a vagheggiarlo e qualcosa fu possibile intravedere, cominciando da Grava e poi passando a Iezzo, atterrando su “capitan” Cannavaro e transitando – per una stagione soltanto – su Quagliarella, macchie azzurre rimosse dalle ondate d’una trasformazione lenta e però inesorabile.

LO SCUGNIZZO. Lorenzino nasce in casa, importato dalla Provincia, e cresce a pane e Napoli, istruito però da Zeman prima a Foggia e poi a Pescara, trattenuto a furor di talento affinché mostrasse il genio ch’è in lui: siamo a novantasette partite, tutto compreso, divagando tra il campionato e le varie coppe e provando ad avvicinare subito, immediatamente, la centesima gara ufficiale da piccolo principe azzurro con un’altra magia, in stile Borussia Dortmund. Ecco il suo obiettivo: accendere il Napoli martedì sera, nella prima sfida che vale l’ingresso alla fase a gironi di Champions League. Una data, un traguardo: la voglia di fare la differenza e di trascinare il Napoli con le sue magie, con le sue invenzioni, con la sua genialità.

BRACCIO DI FERRO. L’Athletic è una filosofia di vita, è il possedimento d’un ideale, un progetto più unico che raro deciso a sfidare, praticamente in controtendenza, non solo il calcio spagnolo ma quello universale: questi siamo noi, baschi ovunque, in ogni angolo del campo, in ogni rivolo della terra. Il Napoli è ora (in parte e filosoficamente) del napoletano Lorenzo Insigne, il totem d’una Campania felix che s’è portato a casa, nel maggio scorso, la Coppa Italia attraverso quelle parabole da «monello» e che ora va ad inseguir la luna, anzi le stelle, sempre con la dolcissima tentazione di aggirare il nemico con un destro che finisca all’incrocio.

PER SEMPRE. Insigne è un sogno realizzato di chi è nato sognando di lasciarsi cullare dallo stadio San Paolo, di domarlo o di ipnotizzarlo finché la vecchiaia calcistica non li separi: il contratto in scadenza nel 2018 è il primo messaggio per l’eternità, da conquistare poi a tappe, vestendosi con la maglia ch’è una seconda pelle, tracciandosi nuovi orizzonti, alcuni ormai a portata di piede. Napoli-Athletic Bilbao è laggiù, in fondo alle prossime notti: uno contro tutti, tra drappi che sventolano.

Fonte: Corriere Dello Sport

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