Il Napoli e il paradosso di avere i soldi senza poterli spendere

Era la scorsa estate quando parlando di mercato e investimenti Andrea Agnelli parlò di “quota 200”, ovvero della massima spesa sostenibile dal club in un anno sommando gli ingaggi lordi e le quote di ammortamento dei cartellini dei calciatori. Sostanzialmente si tratta della cifra che ogni azienda, in questo caso sportiva, può spendere in relazione al proprio fatturato per rimanere sempre in equilibrio positivo, ovvero senza indebitarsi.

La quota 100 Quando oggi ci si lamenta del mercato del Napoli si deve tenere conto che la soglia di equilibrio per gli azzurri potrebbe essere all’incirca la metà di quella della Juventus, essendo poco più della metà il fatturato del Napoli rispetto a quello dei campioni d’Italia. La squadra partenopea è gravata nella sua, chiamiamola così, ipotetica “quota 100” per il bilancio 2014/15 dalle sostanziose quote di ammortamento degli acquisti di Callejon, Mertens, Higuain, Albiol, Henrique, Ghoulam, Jorginho, Koulibaly, tutti calciatori acquistati nel corso degli ultimi 12 mesi. A questa cifra si vanno a sommare anche gli ingaggi di tutta la rosa, di cui per ora fanno parte anche Pandev (quasi 4 milioni lordi), Gargano (poco meno di 3 milioni lordi), Donadel (circa 2,5 milioni lordi), Dzemaili (circa 2 milioni lordi), Vargas (poco meno di 3 milioni lordi), Britos (poco meno di 2 milioni lordi), tutti giocatori dichiarati in uscita che però fino a quando non saranno ceduti gravano per una cifra ingente sul bilancio del Napoli.

Differenza Champions Ora gli azzurri possono sostenere questi ingaggi senza grosse difficoltà, tuttavia per poter ingaggiare altri calciatori (ad esempio Fellaini, Lucas Leiva, Manolas, Agger, per citarne solo alcuni) è necessario avere la certezza di poter contare sulle entrate di base della Champions League (circa 30 milioni) che consentono agli azzurri di sfondare il muro dei 150 milioni di fatturato. Quindi, se si fosse riusciti a cedere buona parte di questi calciatori in esubero nella prima parte dell’estate, la società partenopea avrebbe probabilmente potuto concludere l’acquisto dei calciatori necessari a completare l’organico fin d’ora, ma dal momento in cui ciò non è stato fatto (per mancanza di offerte, per i ritardi dovuti al Mondiale, etc) il club napoletano deve attendere l’esito del preliminare (o la cessione di alcuni di questi calciatori) per muoversi più agevolmente sul mercato.

Il paradosso di questa vicenda è che il Napoli è una società che ha una discreta liquidità di riserva, che gli consentirebbe di operare sul mercato ma non avendo un fatturato molto alto non può spendere liberamente i soldi in cassa senza rischiare di alterare il proprio equilibrio economico-finanziario. Si arriva dunque ai preliminari con una pressione raddoppiata, quella ovvia e scontata dell’impegno sportivo per accedere alla più importante competizione calcistica internazionale e quella del fronte societario dove gli introiti europei sono indispensabili per poter incrementare il fatturato e la relativa capacità di spesa.

Andrea Iovene
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