22 giugno 1986, Diego Armando Maradona dipinge il suo capolavoro: Diego batte l’Inghilterra 2-1

Ci sono sfide che non si esauriscono al termine dei 90, o più, minuti di gioco. Partite che dopo il triplice fischio del direttore di gara entrano di diritto nella storia dei Mondiali di calcio. Qualche esempio: Uruguay-Brasile 2-1 , Brasile 1950, il Maracanazo, la più grande “tragedia” calcistica mai raccontata, Italia-Germania 4-3 Messico 1970 più che una semifinale Mondiale un vero e proprio thriller, la partita del secolo come recita una targa allo stadio Azteca. Tra queste senza alcun dubbio, c’è di diritto Argentina-Inghilterra 2-1, 22 giugno 1986 allo stadio Azteca, Quarti di Finale di Messico ’86.

Oltre la rivalità calcistica – Le premesse a questa sfida vanno ben oltre il rettangolo verde. Il conflitto delle Falkland del 1982(Malvinas per i sudamericani) rappresentò uno dei momenti più critici degli ultimi scorci di guerra fredda negli anni ’80. L’invasione da parte del regime militare sudamericano dell’arcipelago dell’Atlantico mise in crisi l’intero assetto Mondiale, gli U.S.A a sostegno degli alleati inglesi e l’U.R.R.S pronti a supportare l’Argentina con cui intrattenevano rapporti commerciali. Il conflitto rimase comunque ciscoscritto e in poco più di un mese i britannici annientarono la marina sudamericana. Una ferita che a distanza di anni, in terra albiceleste, restava ancora aperta, pulsante. E il calcio è spesso foriero di rivalsa sociale, lo sport dove per eccellenza una sfida di meno di due ore assurge a significati ben più alti rispetto a quelli meramente sportivi. Per Diego Armando Maradona e per l’Argentina tutta, quel Quarto di finale non era una semplice partita di calcio, era molto di più.

Diego – Una partita che per i primi 45 minuti fu tutt’altro che esaltante, uno scialbo primo tempo chiuso sullo 0-0 con l’Inghilterra di Robson intenta a mettere la museruola al diez e capitano argentino, sull’altro fronte Bilardo non era certo un C.T votato allo spettacolo, squadra quadrata e palla a Maradona, in attesa del lampo, del colpo di genio. Diego di certo non si fece attendere più del dovuto, al sesto della ripresa una giocata di Jorge Valdano viene rimpallata dalla difesa inglese, il portiere Shilton appare sicuro in uscita sul pibe de oro, la differenza di centimetri è eloquente e Diego non ha mai fatto dell’elevazione la sua caratteristica peculiare, ma ecco il fatidico coniglio dal cilindro, Diego anticipa il portiere con un gesto che entrerà nella storia, la mano de Dios, un pugno col quale beffare l’arbitro Banneceur e gli avversari in preda all’ira più funesta.  Rete, palla al centro, 1-0 Argentina. Diego dirà testualmente “Chi ruba a un ladrone ha cent’anni di perdono” giusto per chiarire, se ancora non si fosse capito, cosa rappresentasse quella partita per il capitano della Seleccìon. Tutto questo già sarebbe sufficiente per riservare ai posteri una sfida memorabile, ma quanto accade poco dopo ha tratteggiato i crismi della leggenda. Dodicesimo della ripresa, Diego prende palla dalla trequarti e qualsiasi descrizione partorita da altri non avrebbe senso: La tocca per Diego, ecco, ce l’ha Maradona. Lo marcano in due, tocca la palla Maradona, avanza sulla destra il genio del calcio mondiale. Può toccarla per Burruchaga.. sempre Maradona.. genio, genio, genio.. c’è, c’è, c’è… goooooooooool… voglio piangere.. Dio Santo, viva il calcio.. golaaaaaazooo.. Diegooooooool.. Maradona.. c’è da piangere, scusatemi.. Maradona in una corsa memorabile, la giocata migliore di tutti i tempi.. aquilone cosmico.. Da che pianeta sei venuto ?, per lasciare lungo la strada così tanti inglesi ? Perché il Paese sia un pugno chiuso che esulta per l’Argentina.. Argentina 2, Inghilterra 0.. Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona… Grazie, Dio, per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2, Inghilterra 0. Il virgolettato ha un nome e un cognome: Victor Hugo Morales cronista uruguaiano trapiantato in Argentina. L’unico vero padre del commento al più bel goal di tutti i tempi, El barrilete cosmico, l’aquilone cosmico, Diego Armando Maradona nella sua massima espressione, il divino che trascende in un campo di calcio. Poesia, fùtebol, per la cronaca gli sfortunati birilli erano: Hoddle, Reid, Sansom, Butcher, Fenwick ed il portiere Shilton. Maradona in soli 90 minuti aveva racchiuso tutto sè stesso, la guasconeria e la sfrontatezza della mano de Dios da un lato, la magnificenza dell’aquilone cosmico dall’altro. Il goal di Lineker per il 2-1 valeva solo per dovere di cronaca, Maradona aveva servito la sua personalissima vendetta, su un piatto gelido nonostante le temperature messicane.

Di lì a poco Diego si sarebbe laureato Campione del Mondo, la sua Coppa del Mondo, vinta da assoluto trascinatore ed idolo indiscusso. Sarebbe tornato a Napoli con la consapevolezza di poter scrivere altre ineguagliabili pagine di calcio, cosa che non tardò a fare. Ma questa è un’altra storia, oggi è il 28esimo compleanno della mano de Dios e del Barrilete cosmico, di Argentina-Inghilterra 2-1, e la celebrazione è sempre dovuta.

Edoardo Brancaccio

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