Gli azzurri ripartono dalla carica dei big match dal sapore d’Europa

La verità è in quel filo sottile, l’esile frontiera, scavalcata avanti e indietro a più riprese: però, ciò che resta d’un anno – vabbé, un semestre e poco più – sono le prove provate d’una autorevolezza concessa nei momenti topici, in quegli appuntamenti che (a modo loro) fanno la Storia. Il Napoli è (ancora) un’incompiuta, la creatura da plasmare attraverso il tempo e la pazienza di cui ha bisogno chiunque, compreso Benitez: ma la strada è stata tracciata e il percorso, scorgendolo nelle tappe vissute, induce all’entusiasmo. La Grande Bellezza è nei fatti, in quel tocco di classe, d’eleganza assoluta mostrata in nottate ad alto contenuto tecnico, in quell’abbuffata di emozioni tra il Borussia Dortmund e l’Arsenal, tra Marsiglia e il san Siro rossonero, nel fortunoso blitz di Firenze o anche nella «doppietta» tra coppa Italia e campionato sulla Roma.

Poi c’è l’altra faccia, sulla quale interverrà il visagista: la maledizione delle piccole, le difficoltà a restare sempre coinvolti nell’avvenimento, i colpi di tosse che preoccupano. Il processo è complesso, richiede ripetizioni, interventi magari strutturali per completare un progetto che però è palpabile, eccome, da un decennio ed al quale è stato concesso un secco sviluppo con un investimento da cento milioni: in genere, si riparte dal basso. E invece il Napoli ha capovolto le leggi della natura: perché gli piace, tremendamente, essere Grande con le Grandi. Dunque governare dall’alto, poi magari intervenire verso il basso. La piramide nasce da lassù.

BORUSSIA DORTMUND. La prima notte non si scorda mai: perché il 18 settembre 2013 al “San Paolo”, atterra il Borussia Dortmund che pare appartenere ad un’altra galassia con quel calcio che pare uno spot per il divertimento. Gli esami, è vero, non finiscono mai, ma il Napoli esce a testa altissima, prende a ceffoni i vice campioni d’Europa, li batte attraverso una manovra corale, una capacità di attaccare che lascia il segno non solo nel risultato ma nella fantasia popolare: finisce, e sembra incredibile però è verissimo, 2-1, con el Pipita che squarcia in due la difesa del Borussia e con Insigne che scova dal bagagliaio d’un talento immenso una punizione con il giro che manda il povero Langerak a sbattere sul palo, lasciandoci un dente. Il Napoli che resta a futura memoria è in quell’ora e mezza deliziosa e la madre di tutte le partite stagionali è contenuta in quella manifestazione di maturità offerta immediatamente, quanto basta per scacciar via la diffidenza che accompagna qualsiasi progetto nuovo. Benitez è già promosso.

MARSIGLIA. Quando il gioco si fa seriamente duro, il Napoli si rimette a giocare, esce dalla sua «crisetta» esistenziale, sopporta il malanno di Higuain, si prende il «Velodrome» e poi, due settimane dopo, ribatte l’Olimpyque Marsigilia, che certo finisce per essere la Cenerentola del girone, ma che ha statura internazionale ed una consistenza che dà un peso ai successi. E’ 1-2 all’andata, in Francia, con Callejon che viene ispirato da un assist no look del Pipita e una conclusione bella (e sorprendente) di Duvan Zatapa, utile a congelare la sfida, a frenare il ritorno dell’OM, a cibarsi d’una ricchissima dose di fiducia utile prima per cancellare la sconfitta (in campionato) di Roma e poi ad avvertire quell’autostima ch’è utilissima per sentirsi ancora in corsa nel girone, per restare aggrappati al sogno d’una qualificazione ch’è complicata – perché Borussia Dortmund ed Arsenal vanno – ma che non è impossibile, tutt’altro, e viene rinviata agli ultimi due match, gli scontri diretti nei quali è scritta a chiare lettere la verità.

ARSENAL. L’estasi e poi il tormento: la gioia in realtà è un’«enorme» illusione, un gioco un po’ beffardo con la regia ch’è affidata al destino. Si gioca in diretta su due campi e mentre al San Paolo è Napoli-Arsenal con l’imperativo – per aver certezze – di segnare tre reti, al «Velodrome» c’è il Borussia Dortmund che si gioca il passaporto per gli ottavi di Champions con il Marsiglia. Il Napoli diverte, a tratti incanta, soffre nulla, domina e passa in vantaggio a poco più di un quarto d’ora dalla fine: ci pensa Higuain, tanto per gradire, mentre in Francia è pareggio. La qualificazione corre sul filo dei secondi, serve un aiutino dalla sorte, che però dev’essere tedesca e, a tre minuti dalla fine, mentre il san Paolo un po’ osserva la partita e un po’ cerca informazioni utili, arriva la doccia gelata del gol del Borussia Dortmund: il 2-0 di Callejon accresce l’amarezza, ribadisce che la forbice con il calcio che conta è stata seriamente ridotta, e acuisce i rimpianti. Un gol, soltanto un gol: la differenza è semplicemente lì.

FONTE Corriere dello Sport

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