Sindrome da “piccola”: ecco cosa è mancato agli azzurri

Si chiama sindrome da «piccola», colpisce una volta sì e l’altra pure il Napoli, che mentre rilegge sé stesso attraverso la classifica s’accorge d’aver dilapidato un patrimonio: manco Penelope sarebbe arrivata a tanto e ora che Rafa va a poggiare la testa sul cuscino, in quella settimana che conduce alla Roma, sai gli incubi ripensando a quel ch’è stato demolito. Si chiama coraggio e chi non ce l’ha riesce pure ad inventarselo: manco Don Abbondio ci sarebbe arrivato, però il Livorno ci ha messo la faccia, i piedi e pure la testa e ora può crederci. La partita che t’aspetti si sviluppa secondo copione: palleggia il Napoli, però su ritmi assai controllabili, e Di Carlo ne tiene una decina, dunque tutti, al di là della linea del pallone. Per aggirare, serve velocità; le profondità non ci sono, andrebbero create: però manca Higuain che fa il pendolo e soprattutto non c’è movimento senza palla. E vabbé si chiamano anche scorie da Europa League: una partita ogni tre giorni lascia il segno, ma ora l’organico è equilibrato, i ricambi ci sono, e magari la gestione va aggiornata, avendo percezione delle difficoltà di Callejon. Però per quarantacinque minuti c’è un gap rilevante e la solita incapacità da parte del Napoli di gestire, di chiudere o comunque di imporre la legge del più forte

L’altra faccia del match è nelle previsioni, perché alla distanza si esce dai match e magari si può tentare di modificarli prima, irrompendo con energia risparmiata in panchina. Ma stavolta chi viene meno è Jorginho, al quale sfugge il controllo del Napoli dalle mani: lo conduce con spiccioli di personalità e rare illuminazioni. Proprio quando servivano bagliori, squarci di calcio e di aggressività atletica – dunque di agilità nel verticalizzare, nell’impostare – l’eclissi.

Fonte: Corriere dello Sport

Home » Copertina Calcio Napoli » Sindrome da "piccola": ecco cosa è mancato agli azzurri

Impostazioni privacy