Potere alla mediana, Jorginho scalpita ed Inler si ripropone

La verità, già: come se fosse semplice andarla a cercare, nuda e cruda, tra i fogli sparsi d’un semestre insolito. La verità, eh sì: come se potesse emergere da quel faldone delle statistiche che, da solo, è una contraddizione in termini, la scorciatoia per perdersi, ritrovandosi infine in un labirinto. La verità è da scovare, leggendo tra i numeri, più propriamente in campo, legittimamente in ciò che sa di profilo, di progetto, di idea e che è racchiuso in quel paradosso che Livorno può certificare.

I DATI. Otto vittorie interne in tredici partite: ma questa è quasi una banalità, perché così va il calcio e soprattutto così vanno – dovrebbero andare – le Grandi, macchine (semi)perfette che nel fortino devastano. Altrimenti che senso avrebbe il vantaggio del fattore campo? Semmai, il problema è l’altra faccia della medaglia, sono i pareggi e la sconfitta, sono quell’enormità di punti perduti che è stato utile per scavare la distanza dalla Roma e pure dalla Juventus e che minare (in qualche modo) alcune certezze.

L’EXPLOIT. Però, attenti: perché Livorno può ribaltare le abitudini nostrane, può stravolgere le consuetudini, può stabilire, nel suo piccolo, un primato, portando il Napoli ad eguagliare il numero delle vittorie in trasferte con quelle casalinghe. Per ora sono sette, ed hanno dato un senso compiuto ad una parte della stagione, e sono servite, nella fase iniziale, per accendere l’autostima, ed hanno rappresentato iniezione di coraggio e testimoniato anche la bontà d’una filosofia che ha comunque bisogno di ulteriori innesti e di interventi strutturali non solo nell’organico. Per il momento, lo score è robusto: blitz – nell’ordine contro il Chievo e il Milan, con il Genoa e la Fiorentina, con la Lazio, il Verona e il Sassuolo e Livorno può apparentare con tutto ciò che è successo a Fuorigrotta.

RIBALTONE – Ma le verità da cogliere sono pure altre, nella «strana» vigilia della Castel Volturno flagellata dalla pioggia, dunque vietata per allenamenti seri, in cui provare e riprovare non solo gli schemi con palla in movimento ma anche da angoli e su punizioni e fallo laterali. E allora, la formazione diventa un rebus, ancor di più: le tabelle stagionali, con i minutaggi, avranno un loro peso, e pure le considerazioni sull’ultima con lo Swansea e quelle che verranno ispirate dalle assenze di Albiol e Higuain, squalificati.

QUANTO CORRONO. Maggio ha un chilometraggio illimitato, probabile resista (tra gli esterni) o magari venga avvicendato da Réveillère; a sinistra resta Ghoulam e in mezzo, al fianco di Fernandez che non ha giocato con lo Swansea, Britos ha qualche chanche in più, perché lui è mancino ed Henrique andrebbe adattato. Però poi ci sono altri avvicendamenti: Jorginho in campionato ci può stare, anzi ci deve stare, avendo senso geometrico come nessun altro; semmai va scelto il suo «socio» nella fascia mediana e il tandem che ha convinto di più Benitez, in questo scorcio, sembra quello che l’italo-brasiliano componga con Inler. Ma altro interventi sono indispensabili: il Callejon di giovedì sera ha mostrato cenni di cedimento e ci può stare, dopo aver speso in maniera robusta: alle spalle del Pandev centravanti, largo ad un terzetto che sarebbe quasi inedito, con Insigne a destra, Hamsik centrale e Mertens a sinistra. Perché ora pure il campionato vuole le sue verità.

FONTE Corriere dello Sport

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