E’ stat’ nu juorno buono!

Qualcuno a Sanremo ha cantato per tutta la settimana: “E’ nu juorno buono”. Ecco. Per il Napoli e i suoi tifosi, ieri lo è stato.

Dalla mattina in verità c’era un’aria diversa, il sole coi suoi raggi non penetrava dalla finestra.

Ma quant’è bella la mia squadra, quando gioca il Napoli porto sempre l’azzurro con me.

Alle sette doveva giocare,

contro lo Swansea doveva trionfare.

Tutti insieme in curva a tifare

speriamo in maglia azzurra, siamo il colore del cielo non quello del Chievo.

Ma in serata per fortuna la storia è cambiata, ho visto gente gioire esaltata,

non c’è stata bestemmia, si sta bene in curva, il Napoli non si è fermato in questa strana serata.

E’ nu’ juorno buono!

Tutto cominciò con una partenza rocambolesca. Anzi, parecchio da imbranata. Anzi, direi anche da rincoglionita. Insomma, nelle corse di una partita in settimana alle sette e tutto quello che ne consegue, imbocco la tangenziale e ho il primo flash! Ho dimenticato il segnaposto del biglietto che, per fortuna, ho caricato sulla tessera del tifoso. Via alle telefonate alla ricevitoria per capire se fosse stato possibile ristamparlo. E, allora, piccola deviazione a Bagnoli, ristampo il segnaposto tra gli occhiolini di solidarietà e compatimento  delle persone presenti e corro allo stadio. Passo attraverso un dispiego di forze dell’ordine che neanche l’11 settembre a New York e passo indenne i controlli. Quando entro, una steward mi avverte che, al tipo prima di me, avevano trovato in tasca un tagliaerbe. La guardo alquanto sbigottita, le dico che nel mio zaino non c’è nessun tagliaerbe o macchinetta per il caffè o distillatore di veleni ed entro. Chiaramente il tagliaerbe, era, in realtà, qualcosa di simile ma che non era utilizzato per l’erba del prato.

Comunque, entro e finalmente prendo il mio posto, accanto ai miei compagni di viaggio. Il pre-partita va via abbastanza velocemente: nonostante l’orario strano, alquanto da aperitivo, sentiamo sotto al naso odori culinari che stuzzicano l’appetito. Ma restiamo concentrati sulla partita e, all’ingresso delle squadre in campo, capiamo subito che, forse, c’è qualche assenza non gradita. In primis, la maglia azzurra. Dopo la delusione di lunedì contro il Genoa, speravamo tutti in un cambio di direzione ed un ritorno alle origini. E, invece, ancora una volta siamo rappresentati da un  mare e un cielo che hanno il colore del fiume Sarno e delle nubi di Chernobyl. In più notiamo Pandev in campo e Hamsik fuori. E, infine, Insigne in campo, ma, soprattutto, Mertens fuori. Segno della croce a mano smerza e che lassù qualcuno ci ami.

E lassù qualcuno ci ha amato. E’ ‘nu juorno buono per noi e per Insigne che, abbandonato il tiro a giro, riuscitogli solo contro Cannavaro, ci prova col pallonetto e ha più fortuna. Il San Paolo è in delirio, ma il tutto dura veramente poco. Loro, gli avversari, come al solito, non ci mettono niente a pareggiare e tra di noi cala il silenzio, intervallato da qualche bestemmia e qualche preghiera. Sperando che lassù qualcuno ci ami di nuovo.

E lassù qualcuno ci ha amato di nuovo. Anzi, ha perz’ proprio ‘a cap’! Perché loro giocano meglio di noi, noi cambiamo qualcosina, entrano Hamsik e Mertens. Sul primo, chiarisce bene la frase detta da chi, solitamente, stravede per lo slovacco: “Ma chist’ nun è Marek! Chist’è ‘o frat’!”. In effetti, sbaglia una marea di passaggi e non chiude, con la solita freddezza, la partita quando ne ha l’occasione. Il secondo, avremmo voluto vederlo, forse, al posto di Callejon, ma probabilmente c’è una regola che vieta un cambio diverso. Sarà un fatto di altezze. Mertens e Insigne si danno meglio il cinque a bordo campo.

La disperazione che ho visto sui volti dei miei compagni sul paio di errori di Higuain è stata emblematica. Tanto che lo stesso Gonzalo, quando ha avuto il pallone del 2-1 sotto la nostra curva, ha esclamato “Acchiapp’, tiè!”. Chiaramente, parlava a noi, non al portiere avversario. E la cosa bella è che io lo so perché si è sentito bene. Eravamo talmente pochi che sembrava la partita del cuore.

E non dico cuore a caso.  Più che la partita del cuore, forse, è stata la partita dei cardiologi. Immagino il boom di visite effettuate stamattina. Durante gli ultimi cinque minuti, in curva nessuno parlava. Sicuri che un piccolo sussulto avrebbe accelerato la rottura delle coronarie. Sul terzo goal, immeritato, del Napoli abbiamo ripreso colore e ci siamo sciolti. Non in un abbraccio. Proprio sciolti, da riprenderci col cucchiaino. Al triplice fischio abbiamo visto Behrami correre negli spogliatoi. Qualcuno ha insinuato che avesse anche lui qualcosa di sciolto. Non lo sapremo mai, ma sappiamo sicuramente che, nonostante il nostro tifo per il Francoforte, perché trasferta più facile ed economica da affrontare, il prossimo turno lo disputeremo in Portogallo.

Mentre tornavo verso l’auto, ho ascoltato la conversazione tra due ragazzi dietro di me che, molto allegramente, facevano la conta di chi avrebbero dovuto invitare o no alla prossima partita. A seconda della sfiga che avevano portato nelle precedenti partite viste. Anche noi facciamo spesso un calcolo del genere. Follia pura. Malattia endemica. Scaramanzia patologica. Ma, soprattutto, faticaccia totalmente inutile. Amma sul’ spera’ che è nu juorno buono!

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