Se l’integralismo è solo quello dei critici

Il capo d’accusa a Benitez è stato ripetuto più volte in questa stagione da parte di tecnici fuori servizio, procuratori d’indubbia fama e giornalisti abili più nel gridare che nel ragionare: “L’allenatore spagnolo non cambia mai atteggiamento tattico, è integralista e si ostina a giocare solo con il 4-2-3-1!”.
A questa accusa è giusto replicare esponendo i fatti della partita di oggi (ma anche delle precedenti a dir la verità, giacché in ogni partita Benitez ha sempre operato dei correttivi durante la gara), la prima annotazione riguarda lo schieramento che di base è un 4-4-2, una disposizione che si vede chiaramente in fase di non possesso, e che muta quando la squadra attacca alzando gli esterni diventa 4-2-3-1, ma l’atteggiamento offensivo della squadra sta negli interpreti (due esterni che sono di fatto attaccanti) più che nella tattica.

Il corretto funzionamento di questo modulo passa dalla capacità delle linee di difesa e attacco di mantenersi piuttosto corte, consentendo agevolmente il pressing e il recupero palla, tuttavia Benitez ha dimostrato di non fermarsi a questo nell’interpretazione della gara, ad esempio oggi (ma anche mercoledì) con l’innesto di Henrique si è passati ad un più coperto 4-1-4-1 (non il 4-3-3), schierando il brasiliano come schermo davanti alla difesa, quasi come libero per intervenire in prima battuta sugli attaccanti avversari. Poi nel momento in cui la squadra ripartiva Henrique si abbassava in linea con Fernandez e Albiol per consentire ai terzini di sganciarsi in avanti, un lavoro già visto fare ad esempio da Mascherano nel Barça di Guardiola.

E le varianti tattiche partendo dal 4-4-2 di base sono molteplici, sia in chiave offensiva che difensiva, da adottare a seconda dei casi e dei momenti delle varie partite, ma è evidente come non si possa tacciare di integralismo proprio Benitez che adotta come atteggiamento tattico un modulo non fisso, ma anzi flessibile e variabile sia negli interpreti che nelle posizioni in campo; risulta perciò preziosa la capacità del tecnico spagnolo di leggere le partite in corsa abbinando la ricerca del gioco, del risultato e operando le opportune rotazioni.

Andrea Iovene
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