“…e continuavano a chiamarla illogicità”

Oramai è chiaro il messaggio, lo scenario è delineato, il teatrino è pronto per l’ennesima tragedia greca, ma che ha tutto il sapore della solita, assurda, eccessiva proiezione “made in Naples” di quella oramai famigerata frangia di anti-De Laurentiis sempre pronta a sbattere in faccia a pubblico e mass media il dissenso verso un progetto, secondo loro addirittura volto a speculare sugli introiti di una macchina da soldi come la SSC Napoli. Fa specie che tale contestazione sia resa così estrema proprio dagli ultras, seppur una piccola minoranza, proprio loro che hanno attraversato le più infime trasferte dagli inferi della serie C pur di sostenere gli azzurri, ed oggi, sul più bello, quando la squadra sembra ad un passo dall’essere vincente, con i traguardi ancora a portata di mano, seppur in campionato le cose siano quasi compromesse, si continua ad alimentare un odio ed una polemica che davvero non ha ragione di esistere in questo momento, a cavallo di un momento topico per la squadra, che grida alla propria gente l’aiuto che un gruppo giovane come quello azzurro ha il merito di avere, vuoi per grinta, per passione e soprattutto impegno che una squadra pressoché nuova come lo è il Napoli sta mettendo nella prima stagione dell’era Benitez, anch’egli nuovo protagonista e condottiero che ha dimostrato di saper indicare la via ai suoi ragazzi.

Ed invece loro non si fanno corrompere da questi piccoli passaggi di gloria, forse perché dalla loro visione delle cose hanno il sapore del “contentino“, del traguardo effimero, fungono da specchietto per le allodole per non mostrare gli scheletri nell’armadio di un presidente che vuole soltanto creare una nuova azienda da cui spremere sangue e business. Ancora mercoledì abbiamo assistito all’ennesimo scenario ambiguo, uno stadio pronto a spingere gli azzurri alla qualificazione, ed invece loro, gli anti-DeLaurentiis, pensavano al modo e al coro per inneggiare ancora una volta la loro rabbia verso questo fantomatico sbruffone (anche se loro, la “s” l’hanno estromessa dallo striscione…) travestito da presidente, che altro non ha fatto che portare una città intera a respirare aria di vetta. Eh già, il progetto era quinquennale, aveva detto questo, quello, quest’altro e quell’altro…non mantiene le promesse e non compra i giocatori voluti dalla piazza, eccoli gli insostenibili quanto fragili pretesti per sostenere una contestazione che si alimenta quando il risultato non arriva e si spegne mestamente quando il carro dei vincenti mostra la scaletta per salire e sbandierare gioia e vessilli, allora soltanto la protesta viene messa in soffitta. Sembra quasi una tecnica studiata apposta per tenere sulle corde chi è al timone della società e altrimenti potrebbe pensare di farsi gli affaracci suoi, svendendo i calciatori pregiati e intascando l’altisonante moneta che arriva nelle casse azzurre, una sorta di task force a salvaguardia del patrimonio della squadra, quindi della città.

Anche questa settimana la rubrica “io non ci sto” punta il dito contro questa piccola parte di pseudo tifosi amanti della contestazione spicciola e che hanno smarrito la bussola del tifo vero, quello capace di andare al di là di congetture anticonformiste ma prive di pratiche fondamenta, il costume classico del sostenitore che ama e grida la propria fede sempre e comunque, e non alimenta dissensi senza dar prima precedenza al bene della squadra e di tutti i sostenitori che vivono, soffrono, sperano, piangono, ridono ogni attimo, anche quando la mente ed il cuore sono impegnate nelle vicissitudini del quotidiano, quella vita vera che illude ma che continua ad andare avanti anche grazie ad un pallone che rotola.

Che la vera vena del tifoso partenopeo discenda su di voi e sui vostri simili, che possiate ben presto ritrovare la strada giusta che porta nuovamente sulla scia dell’amore per questi colori, e che lo spirito illogico di una protesta sterile e inadeguata vi abbandoni, per tornare a galla solamente quando è palese la necessità di manifestare il proprio dissenso, senza dimenticare il rispetto e i termini con i quali imbastire la critica, che dovranno sempre restare nei limiti, per non sfociare nel volgare e nel cattivo gusto. Amen.

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