Napoli da applausi, funziona la politica degli “stipendi sostenibili”

L’ultima Champions spiega quasi tutto. Le 4 semifinaliste – Bayern, Barcellona, Borussia e Real Madrid – sono anche i 4 top club che pagano stipendi sempre folli ma almeno sostenibili: cioè meno del 50% del loro bilancio. Qualcosa significa. In un calcio sempre più business, chi riesce a far quadrare i conti vince. Oggi più di prima. Dal rapporto Uefa sullo stato dell’arte – fotografia dei 237 club iscritti nelle coppe 2013-14- si capisce che un’inversione di tendenza c’è stata: chissà se per paura del fair play finanziario (che ad aprile distribuirà le prime, si spera severe, sanzioni) o per un ravvedimento serio. Ma la strada è ancora lunga.

Meno stipendi. Per i miracoli è presto, però il dato relativo al 2012 è interessante: i ricavi totali dei 237 club hanno raggiunto quota 8,1 miliardi (+6,9% rispetto al 2011), mentre le spese sono 9,2 miliardi. Resta un passivo di 1,1 miliardi di euro, ma meglio del 2011 (1,7 miliardi). Non solo. Le spese per gli stipendi, quelle che fanno la differenza, sono aumentate «solo» del 6,5%: per la prima volta cresciute meno dei ricavi (+6,9%). E pensare che nel 2008 gli stipendi crescevano il 7% in più.

Ricavi tv. Inutile negarlo: il calcio vive di tv, non di stadi. Senza, sarebbe la fine (in Italia almeno). Valutazioni sociologiche a parte, però, c’è chi ha trovato un equilibrio. E chi no. Degli 8,1 miliardi di ricavi, in media il 25% arriva dalla tv, il 24% dagli sponsor, appena il 20% dai biglietti e poi il resto. La diligente Germania migliora la statistica, con appena il 23% dalle tv. Le altre grandi nazioni non sono così virtuose ma, scalando la classifica, è proprio l’Italia quella messa peggio: il 48% delle entrate è televisivo (Inghilterra al 43%, Spagna al 40%). Se non ci si libera da questa schiavitù – con stadi di proprietà e accoglienti, bel gioco, investimenti – saranno tempi cupi. Perché la «visione» del nostro calcio per ora si ferma al prossimo contratto con Rai, Sky e Mediaset. Finché dura.

Distribuzione spese. Dicevamo degli stipendi. Per i 237 club la quota corrisponde al 48% del bilancio. Certo, più top sono i club, più pagati giocatori. Eppure qualcuno dovrà spiegare perché le 4 semifinaliste di cui sopra (più il Napoli da applausi) riescono a non superare il 50%: quindi si può fare. Al capo opposto c’è l’Anzhi che nel 2012 sperperava oltre il 100% e ora infatti è in smobilitazione. Non virtuoso neanche il City (80%), mentre il Psg è al 50% (ma il tasso di crescita delle sue spese è esponenziale). La Juve è al non onorevole 70%, il Milan e il Chelsea si fermano al 60%. Non spendere più di quanto si guadagna è lo slogan del fair play. Tutti aspettano al varco City e Psg: Rummenigge, presidente del Bayern modello, ha accusato pubblicamente il club francese di mancato rispetto delle regole e avvisato l’Uefa di agire. Tradotto: se ad aprile il Psg riceverà un affettuoso buffetto sarà il caos.

Rose costose. Il City (con il Real) è anche la squadra la cui «rosa» è costata di più, oltre 500 milioni. Sopra i 250, in seconda fascia, c’è la Juve (con Chelsea e Barça). Oltre i 150 milioni il Milan con il Psg (dato da rivedere dopo gli ultimi mercati). Così come da aggiornare è quello del bilancio: la Juve, che nel 2012 non raggiungeva i 200 milioni, ha appena superato il Milan. Il Real, oltre 500 milioni, è lontanissimo. Le «rose» di Napoli, Fiorentina, Lazio e Udinese superano comunque il costo di 100 milioni. Un dato positivo per le italiane c’è: Milan e Udinese, con un attivo di oltre 30 milioni, sono i due club europei che hanno guadagnato di più dal mercato.

Risultato: 1-0 Il rapporto Uefa offre diversi dati curiosi. Tipo il risultato più frequente nell’ultima stagione di coppe (692 partite): l’1-0 (128 volte), seguito dal 2-0 (104), dall’1-1 (79), dal 2-1 (77) e quindi dal 3-0 (62). Oppure le partite giocate in Champions nell’ultimo decennio: per nazioni (Inghilterra 418, Spagna 381, Italia 333, Germania 258) e per club (Chelsea 108, Barcellona e Arsenal 105, United 101). Un dato interessante è il diverso peso finanziario delle coppe: nel 2003 la Uefa distribuiva ai club di Champions 592 milioni (92%), a quelli di Coppa Uefa 6 (1%), a tutti gli altri 37 (6%). Oggi per la Champions i milioni sono 967 (75%), per l’Europa League 238 (19%) e per gli altri 81 (6%): quelli di Champions non sono certo contenti di questa «beneficenza».

FONTE Gazzetta dello Sport

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