Edy Reja torna in un “San Paolo” ricco di ricordi ed emozioni

La cripta, e la stava cercando, era al di là del muro d’uomini, donne e bambini che sfilavano al fianco, ignari d’averlo a portata di mano: e per rifugiarsi in se stesso, nella bellezza d’un capolavoro mozzafiato, fu utile, e anzi indispensabile, camuffarsi. Un cappellino di lana, occhialoni da sole che certo stonavano, il bavero alzato e la sciarpa: mica leggenda metropolitana! Rivedi Napoli e poi Reja e il viaggetto nella memoria d’un quadriennio da favola è in quel fotogramma che resta inchiodato tra i pensieri sparsi che abbondano, in quella testimonianza d’un amore travolgente da “arginare” per regalarsi la Cappella di san Severo e il Cristo Velato, raggiunto sotto mentite spoglie. «Un capolavoro con pochi eguali».

IL CENTRO. Gennaio 2005 è l’inizio d’una nuova vita, la scoperta di tesori che abbagliano, che restano vagamente distanti perché Napoli è d’una passione avvolgente e attraversarla rischia di diventar fatica: ma quando il buio s’impossessava di quella città, c’erano sempre buoni motivi per passeggiare con sua moglie Livia, con sua figlia Elisabetta, e scorgerne assieme gli angoli e intrufolarsi nel Centro Storico ed osservarlo estasiati, sino a perdersi in quel paradiso terrestre.

TUTTO CAMPO. Ma Napoli è la cartolina vissuta (talvolta) dallo specchietto retrovisore, ammirata dall’insenatura di Castel Volturno, il buen retiro che per cinque stagioni è all’ultimo piano dell’Holiday Inn, un terrazzo sui campi d’allenamento: Ischia è all’orizzonte, ma sembrava a portata di mano; e più in qua, al di là delle rampe di scale, diciotto buche per migliorarsi al golf, per respirare la Pineta, per scaricare l’adrenalina. E poi una cena alla Trattoria del Campiglione, a Pozzuoli, l’angolo familiare.

TEMPO SUPPLEMENTARE. Il film che scorre velocemente, mentre Napoli-Lazio sta per diventare un nostalgico e però avvincente revival, ha tappe indimenticabili: tormenti rimossi – gli occhi gonfi per l’insonnia, dopo aver perso lo spareggio ad Avellino – e l’estasi che rimane incollata alla pelle, per la promozione in serie B, per il bis concesso appeno un anno dopo, per quella città risvegliatasi di colpo e rimasta in giro sino all’alba, con il pullman impigliato tra la gioia ubriacante dei centomila che aspettano il rientro da Genova. E però poi ci sono i trionfi sulla Juventus e sull’Inter, il 3-1 sul Milan che vale l’ammissione all’Intertoto, la dignità riacquisita….

VIAGGIAMO. Ma la Napoli di Reja è un’emozione che stordisce a oltranza, è un’eco assordante, un applauso travolgente, un’emozione incontrollabile nel ritorno al san Paolo (e guarda un po’, pure quella volta con la Lazio), è uno stadio intero che lo sommerge d’una gratitudine eterna. E quando il calcio diviene marginale, e Reja diviene un turista che se ne va con Livia ora a Posillipo ed ora a Sant’Agata sui due Golfi, per celebrare l’amicizia con “Don Alfonso” e gli Iaccarino tutti, c’è l’interminabile processione di chi non dimentica, di chi s’accontenta d’una foto o di una stretta di mano, di chi vuol manifestargli l’ammirazione al di là della panca: perché signori si nasce e tale si resta…

FONTE Corriere dello Sport

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