Siamo la soddisfazione fatta persona

Verona si doveva fare. Poche storie. A Verona si doveva andare in massa. E si doveva cantare per tutta la partita. E, soprattutto, si doveva vincere. E allora l’abbiamo fatta. Senza storie. Siamo andati in massa, abbiamo cantato per tutta la partita e abbiamo vinto. E adesso siamo la soddisfazione fatta persona.

E’ una questione di calcio? Certo che lo è! Stiamo andando a vedere una partita di calcio, undici contro undici, si rincorre un pallone, vince chi segna di più e chi sa difendersi meglio. È solo una questione di calcio?! No, certo che non lo è! Non prendiamoci in giro. E’ anche una questione di cuore, d’orgoglio, di appartenenza. E allora, la squadra ha tenuto fede alla prima questione, noi a tutto il resto.

Verona non è una trasferta facile, non solo per i chilometri da fare, ma anche, e, soprattutto, per la tifoseria da affrontare. Senza i gruppi non tesserati a seguito è difficile che succedano scontri, ma allo stesso tempo è difficile affrontarli se dovessero avvenire. Lo sappiamo noi che partiamo, ma lo sa anche chi vorrebbe essere con noi e ci raccomanda di avere gli occhi aperti. Perciò, “sciarpe dentro gli zaini e mimetizzarsi” potrebbe sembrare la mossa giusta. E infatti! Partiamo con un furgone improbabile, rosso, di quelli con cui si va per mercati e non ci si fa notare per niente, con tute, cappelli, sciarpe, scaldacollo, giubbini e chipiùnehapiùnemetta rigorosamente azzurri e con simboli del Napoli ovunque. Si, siamo pronti per affrontare Verona e tutto il nord che ci odia. Partenza alle 3:30. In questi casi si va a dormire oppure no? Io non lo so. So solo che in 24 ore abbiamo fatto 1200 chilometri, più di 12 ore di viaggio, quasi tutto lo stivale, abbiamo salutato amici emigrati al nord che ci odia e che hanno atteso questa sfida da anni, abbiamo vinto una partita difficile, giocato un calcio efficace e bello, abbiamo visto Insigne segnare, Maggio crossare. E tutto in un’unica azione.

C’è stata una partita sul campo di calcio e quella l’avete vista tutti. Li abbiamo lasciati lì che ancora cercano la dentiera persa da Toni o provano a dire a Donadel che è inutile tentare ancora di chiudere le gambe al tunnel di Callejon. Mandorlini, appena terminata la partita, si è messo su internet a cercare tutte le compilation dei neomelodici partenopei, sperando di avere presto l’ opportunità di cantare “I’ senz’e te nun pozz’ sta pecchè tu m’appartien’!”. La trova più conveniente del “Ti amo terrona!”. In tutti i casi, dubito che riesca a capire come funzioni il pc. Abbiamo segnato non una, non due, bensì tre volte. Mertens fa vedere a Insigne come si fa il tiro a giro; Insigne fa a vedere a Maggio come si segna se si fa un vero cross e alla curva gialloblu come esulta un napoletano che segna a Verona; Smaili fa vedere a chi accanto a me diceva: “Ma Smaili c’è?!” che c’era anche lui in campo. Tutti felici, compreso Inler che con la sua velocità di pensiero, sta esultando adesso per il primo goal. Non diteglielo com’è finita, gli togliete la suspense.

E c’è stata una partita sugli spalti. In realtà è cominciata anche fuori. Nessun tafferuglio, era praticamente impossibile il contatto,  ma solo qualche veronese che ci teneva a dirci che siamo scimmie, anche se, ieri, noi non abbiamo mangiato nessuna banana. Noi.  A partita iniziata, i cori sono stati tanti. Da entrambe le parti. Poi uno striscione. Non quello contro i gruppi di curva A, in cui si celava un leggero invito allo scontro non avvenuto per colpa dei partenopei. Ma quello sulla nostra fantomatica discendenza da Giulietta. Devo dire che non pochi di noi hanno riso nel leggerlo, divertiti per l’ironia e compiaciuti per la sagacia. Fatto sta che si siamo molto più divertiti quando hanno ritirato questo stesso striscione sul secondo goal. Segnato, a detta loro, proprio da un figlio di Giulietta. A quel punto, ci siamo scatenati dando il colpo del ko anche sugli spalti. Abbiamo dato amichevoli suggerimenti sul dove mettere lo striscione, abbiamo dolcemente invitato gli astanti a tornare a casa che cominciava a scendere il freddo ed eravamo molto preoccupati per la loro salute, abbiamo urlato tutta la nostra stima verso il loro mister e, in ultimo, abbiamo chiesto il perché di questa scampagnata al Bentegodi. Ben- Te-Godi, almeno tre volte, ma non per loro.

Insomma, meglio non poteva andare. Ancor di più per un amico che sul primo goal di Mertens aveva posto tutte le speranze su una scommessa giocata. 0-3 e primo marcatore Mertens. Ha chiaramente vinto e noi con lui, che alla prossima verso Bologna, almeno ci offra un caffè in autogrill.

Già. La prossima verso Bologna. Perchè ormai ci abbiamo preso gusto. E anche lì abbiamo amici, emigrati nel nord che ci odia, da salutare. Anche lì abbiamo dei conti in sospeso in quanto ad orgoglio e appartenenza. Anche lì abbiamo tre punti da prendere.

Il ritorno è stato deliziato dal 4-3 del Sassuolo sul Milan e da una guida impeccabile del nostro autista. Abbiamo sostenuto, esultato e vinto. Una trasferta di 24 ore indimenticabili. Tra Napoli e Verona ha vinto Napoli. Messa finalmente la testa sul cuscino, mi si è aperto un sorriso di quelli che ti restano per tutta la notte e anche il mattino seguente.  La soddisfazione fatta persona.

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