Peggior giocatore 2013, al terzo posto Pablo Armero

Con il 2014 alle porte è tempo di bilanci anche in casa Napoli. Quello che gli azzurri si stanno lasciando alle spalle è un anno che ha fatto da sfondo a vittorie e risultati importanti raggiunti con una rosa, ampia e rivista nel corso dell’anno, che conta venticinque tesserati effettivi. La corsa verso la vetta e verso l’affermazione europea hanno messo in luce caratteri e sfaccettature di calciatori forse dimenticati e, allo stesso tempo, esaltato ed amplificato prestazioni di altri azzurri già affermati nel panorama calcistico mondiale.

Il cambio di guardia sulla panchina, avvenuto in estate non ha danneggiato o modificato la grande qualità espressa complessivamente nel corso del 2013 dalla rosa azzurra. Insomma, è proprio in virtù delle importanti vittorie e del livello competitivo raggiunto dal Napoli durante quest’anno, che appare difficile, se non addirittura ingrato, decretare i tre peggiori calciatori di quest’annata entusiasmante. Data per scontata la componente soggettiva, inevitabilmente alla base di ogni giudizio anche del più imparziale, per riuscire a decretare i peggiori dell’annata che sta scorrendo via, occorre tener conto di numerosi fattori, che vanno ben oltre la semplice media realizzativa o il numero di palloni recuperati.  Attenendoci ai soli dati statistici fra i  peggiori tesserati azzurri del 2013 rientra l’ex Udinese Pablo Armero, che si aggiudica così il terzo posto della classifica. Pagelle alla mano, infatti il giocatore detiene il record di valutazione più bassa, sintomo di un anno poco entusiasmante e ricco di prestazioni altalenanti da parte del calciatore.

Il colombiano è approdato a Napoli, in prestito con diritto di riscatto dall’Udinese, durante il mercato invernale della scorsa stagione. Con Mazzarri colleziona poche presenze, subentrando ai vari Maggio e Zuniga nei minuti finali dei match senza riuscire, negli esigui stralci di gara che gli vengono concessi,  a mettersi in luce e a confermare quanto di buono fatto a Udine. La scorsa stagione per Armero si conclude con un nulla di fatto dettato soprattutto dallo scarso utilizzo fattone del giocatore. Tuttavia la conferma per il colombiano arriva direttamente dallo società, che a giugno riscatta l’altra metà del cartellino del calciatore e lo mette a disposizione di mister Benitez che, pur preferendogli il connazionale Zuniga, in seguito all’infortunio di quest’ultimo si ritrova costretto a schierarlo. Il ruolino di marcia collezionato fino a questo momento dal calciatore è fra i peggiori in serie A, segnato negativamente anche dalla bocciatura di mister Benitez che lo sostituisce con lo svincolato trentaquattrenne Anthony Réveillère.

Durante la stagione Armero è apparso in enorme difficoltà soprattutto nella fase difensiva tanto cara a Benitez, in cui si è mostrato lento, macchinoso  e soggetto a cali di tensione continui. Sistematicamente condizionate da errori banali, le prestazioni del colombiano non hanno quasi mai oltrepassato la mediocrità  mettendo in luce soprattutto in Europa il forte divario con l’avversario che si trovava a fronteggiare e rappresentando uno dei punti più vulnerabili della difesa azzurra. Sebbene dotato di una buona corsa e di una di una discreta fisicità, Armero non è riuscito ad imporre il proprio gioco neanche nella zona più avanzata del campo. I suoi affondi sono apparsi fuori dall’armonia dei tatticismi imposti da mister Benitez, mostrandosi talvolta privo di idee e poco cinico nel concludere a rete le occasioni capitate sui suoi piedi.

Insomma un’annata non delle migliori per Pablo Armero. Vi è tuttavia da sottolineare che molto spesso le ingenuità commesse dal colombiano durante i match (alcune pagate anche a caro prezzo dal Napoli) abbiano offuscato e cancellato prestazioni che in realtà potevano dirsi tutt’altro che mediocri. La piazza napoletana è una piazza esigente, passionale, capace di esaltare ogni singola giocata ma anche capace di punire ogni singolo errore, sottoponendo ogni interprete in campo ad una pressione continua che va aldilà dei novanta minuti settimanali. La capacità di sapersi rialzare dopo le cadute più rovinose e saper imporre il proprio gioco anche ad un pubblico come quello napoletano segna il discrimine fra quello che può essere un buon calciatore ed un fuoriclasse capace di diventare in poche partite idolo di grandi piazze.

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