Lorenzo Insigne, fuoriclasse azzurro alla ricerca del gol in campionato

Paradossi del calcio. Stranezze. Perché i numeri dicono tanto, mica tutto. E allora rimane il mistero, quell’ignoto che stavolta di fascinoso non ha proprio nulla. Gli estremi di Lorenzo Insigne. Il talento, la stima di Benitez e il minutaggio in campo: tutto inversamente proporzionale ai gol fatti. L’equazione non è risolta, incomprensibilmente sbagliata. Insigne più, e contemporaneamente anche meno, di tutti gli altri compagni d’attacco. Le cifre, un rompicapo. Estasi e tormento, come in campo. Geniale, frizzante, generoso, bello da vedere eppure ancora a secco in campionato.

Il dato, freddo; la riflessione accalorata da argomenti e verità. Insigne titolarissimo di Benitez. Pure se non segna, pure se lì davanti c’è chi fin qui sotto porta è stato più lucido di lui, pure se sono passati ormai otto mesi dall’ultimo suo gol. I numeri inconfutabili. Nel bene e nel male. Lui c’è (quasi) sempre in campo. Ultimo tra i marcatori, secondo per minuti giocati (1228). Solo Callejon ne ha collezionati 61 in più. Gli altri, tutti meno: Higuain (1213), Pandev (853), Hamsik (801), Mertens (554) e Zapata (114). Ovviamente hanno inciso scelte, acciacchi e turn over.  Però Insigne c’è. Qualche volta a destra, quasi mai (e pure potrebbe) in mezzo, spesso largo a sinistra, la sua fascia. Quella che fa su e giù con la gamba di un terzino e i guizzi di un’ala. E dribbla, rientra, calcia col piede suo. Ogni volta una maledizione. Uno stinco, un rimpallo, il portiere che ci arriva o la misura sballata di niente. « Sembra mi spostino la porta, non so più che fare».

Il gol è una dolce ossessione. Ci ha provato in ogni modo. Alla Insigne soprattutto, col tiro a giro, beffardo come quell’ultima volta ad aprile in campionato contro il Cagliari. Il San Paolo quasi veniva giù per la felicità. E poi di forza, di rapina e potenza: niente. Mani dei portieri grosse come tenaglie, pali di traverso e la dea Eupalla che gli ha girato le spalle. Con l’Inter era pronto a calciare il rigore. Higuain già fuori, Hamsik infortunato, Insigne rigorista: questa la gerarchia. E invece Pandev s’è preso il pallone e ha voluto tirare: male. Parata di Handanovic e lui (e anche Benitez) c’è rimasto male. «Poi però ci siamo spiegati. Fa niente, nessuna polemica, sono cose che succedono in campo. Goran è solitamente preciso. Peccato, potevo sbloccarmi…».

Le gioie da bomber solo in Europa. Esclusiva Champions, da copertina magazine dell’Uefa. Due volte a segno ed entrambe col Borussia Dortmund. La prima, maligna. Una punizione da sballo col pallone e il portiere nel sacco. Quel poveretto di Langerak, appena entrato, ci rimise un dente provando ad allungarsi sotto la traversa. Botta di Insigne e botta del portiere con la faccia contro il legno. Due reti, andata e ritorno. Al Westfalenstadion sinistro a incrociare, un bacio al palo, e gol. Insigne da Champions, giocate da coppa e da campioni. Quelle che Zeman aveva esaltato, Mazzarri intuito e valorizzato, e Prandelli già apprezzato. « Ha personalità e qualità, i giovani come Lorenzo sono un patrimonio del nostro calcio. Se continua così può esserci molto utile in Brasile».

Insigne fratello d’Italia. Il mondiale uno dei pensieri stappando una bottiglia a capodanno. Il calore di casa, gli auguri per il primo anniversario di matrimonio, i sorrisi del piccolo Carmine e i sogni di chi s’è fatto grande e sa però che deve crescere ancora. L’anno che verrà può essere il suo. Scudetto, Europa League, la nazionale. L’azzurro lo sfondo di un 2014 che è un appuntamento a cui non può mancare. Ci conta Benitez, l’aspetta la Nazionale, l’ha prenotato, e per cinque anni, De Laurentiis. Insigne è l’oro di Napoli. Destino segnato dal talento, in campionato invece… deve ancora segnare.

FONTE Corriere dello Sport

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