L’editoriale di Nello Mascia: “Il Napoli stravince, standing ovation per il Torino ma facciamo il tifo per Acerbi”

Non c’è tempo per piangere, Hidalgo.  Via in fretta gli ultimi coriandoli di Champions e subito in campo. Non c’è tregua. Altre verifiche. Al San Paolo c’è l’Inter. E c’è Mazzarri. Lo aspettano striscioni riconoscenti e fischi forse ingrati in risposta a un addio mai chiarito e gestito malissimo. Ma soprattutto lo aspettano quattro margherite servite con orgoglio dalla pizzeria don Rafè, che ha faccia rubizza e paciona di un oste da presepe napoletano del settecento.  E’ il solito Napoli.
Immenso Lancillotto dalla cintola in su e sgangherato Ciccio Formaggio dalla cintola in giù. Con qualche intelligente correttivo. Fa niente se somiglia un po’ alla panna che alcuni osti furbescamente aggiungono a non eccelse scaloppe. Callejon, Mertens e Insigne rientrano. Il Napoli, privo di quattro titolari, stravince. Imponendo un calcio moderno, bello, a tratti bellissimo e una solidità da compagine internazionale. Roba che Mazzarri non aveva e che non ha. Sarà padrone poi di rosicare ai microfoni inesistenti ingiustizie arbitrali.  Il Napoli ricomincia da qui.  E urla al campionato e al mondo la sua presenza. Per ora si vince e si evita di pensare ai famelici ergastolani che hanno cinque punti in più dello scorso anno.

Allo Stadium continua bene la formazione dei futuri ergastolani con i soliti cori offensivi contro il portiere avversario. Se non si rimedia in fretta quella che ci sostituirà sarà una bella generazione (temo purtroppo non soltanto ergastolana), fatta di intolleranza e di crescente ignoranza. Purtroppo – fra l’altro – la sciagurata cancellazione della storia dell’arte dai programmi scolastici, induce al pessimismo più torvo.  Tevez si scrolla di dosso la neve di Pamuk e fa scempio del derelitto Sassuolo, in pena per le sorti di Francesco Acerbi. Coraggio Ace, tifiamo per te.
Tevez è come Ribery. Ha il racconto di una vita disegnato sul corpo. Tanto che alla sua vista Picasso esclamerebbe: “Capolavoro!”

Non è considerato un capolavoro l’enorme corno rosso issato dinanzi alla Reggia di Caserta da Lello Esposito. L’istallazione, giudicata una provocazione dal ministro Bray, verrà rimossa.  Incomprensibili i criteri, rimango in attesa della rimozione del dito di Cattelan dinanzi alla Borsa di Milano. E’ un piccolo capolavoro la Fiorentina bella di Montella che vince a mani basse il derby dell’Appennino. E’ ora quarta e giustamente si candida per l’Europa. Notizia che provocherà immediato rigurgito di bile per D’Alema e Bindi, bocciati dal rinascimentale Renzi.

A San Siro il pareggio nell’infuocato atteso posticipo serve poco ai decaduti diavoli dai forconi spuntati. Sedici punti dalla zona Champions appaiono ormai incolmabili. I sangueoro sprecano un po’ troppo e , mentre vedono allungarsi il divario dalla vetta, sentono il fiatone degli azzurri che rinvengono a tre punti.

Decimo anniversario dal crac Parmalat, che mandò sul lastrico migliaia di famiglie incolpevoli.  Negli stessi giorni il Parma – foraggiato a lungo con soldi distratti dall’azienda – festeggia i cento anni di storia non tutti limpidissimi. Si festeggia al Tardini con maglia d’epoca e con un pareggio noioso quasi quanto un discorso dell’insopportabile Lettino.

Klose ha in testa il Brasile. Petkovic deve averlo pregato in ginocchio a scendere in campo. Lui lo ha fatto, facendo il suo dovere. Cioè facendo gol.

Ma la prima pagina la merita il Torino di Ventura, finalmente per una volta non ostacolato dagli arbitri. Squadra con individualità notevoli, il Toro. E non solo per la presenza fra i pali di Padelli, che, a detta di Massimo Mauro, gode dell’ammirazione della D’Amico, beato lui. Fa tenerezza lo sfogo a fine gara dell’ottimo Guidolin. Il quale, travolto dallo stress, esprime ai microfoni tutta la sua sofferenza per il rendimento poco continuo della squadra e la sua disponibilità a togliere il disturbo.
Sarò banale ma pensa che figurone se lo facessero un po’ degli inquilini dalle parti di via del Corso.

A proposito. Renzi ha posto la questione finanziamento pubblico-riforma elettorale.
Bene, anzi male: perché pensare di affrontare questi due problemi (e che problemi!) sulla base di un baratto – come ha fatto Renzi con Grillo – è una sciocchezza sotto ogni punto di vista, sia quello concreto sia quello d’immagine.  Se una cosa è quella da fare si fa e basta: senza condizioni, senza baratti, senza se e senza ma.  Ma c’è una buona notizia. Jovanotti si ferma un anno.

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