“Se il Napoli giocasse sempre come ha fatto contro l’Arsenal…”

Gli occhi di Napoli sono ancora intrisi delle lacrime di Gonzalo.

Lacrime sincere, colme di collera mista a dispiacere, puro e primordiale, lacrime ingenue, scarne di quella lussuriosa e cinica sfrontatezza che sovente si rileva all’interno del rettangolo verde ed in prossimità di esso, scevre di quella mercenaria e compassata condotta che il vile denaro, talvolta, imprime ai protagonisti dello sport più bello del mondo.

Sono le lacrime di una città e del suo popolo, quelle che ne incarnano orgoglio ed ideali, partorite da uno scugnizzo argentino e questo conferisce un’ulteriore ed ancor più corpulenta suggestione emotiva a quel pianto che esorta la Napoli calcistica e non solo a concludere che “tutto è possibile” e che, in quell’arida sterpaglia di razzismo ed intemperanze, esiste, sussiste e resiste qualche germoglio nel quale riporre le speranze di veder sbocciare un calcio migliore, più sano, educativo e “sportivo”.

Si potrebbero scrivere romanzi a bizzeffe incentrati sull’inverosimile, beffarda e rocambolesca avventura in Champions League intrapresa nel corso di questa stagione dagli azzurri, ma ciascuno di essi sarebbe destinato a confluire nella cocente parola “fine”, in ogni caso.

Pertanto, è tempo di archiviare quel capitolo e voltare pagina per occuparsi, preoccuparsi e concentrarsi sulla storia contemporanea, giacché il calcio non è uno sport che rilascia “medaglie alle intenzioni”, piuttosto impone di rimanere con i piedi ben radicati nel terreno di gioco per affrontare a muso duro la prossima partita che verrà, traendo dalle cicatrici, più e meno recenti, gli insegnamenti e le esperienze utili e necessarie per migliorare e maturare.

Nel caso del Napoli, “la prossima partita” non è una “qualunque”, bensì l’ennesima ricca di emozioni, suggestioni, significati, ricordi, stimoli, moventi, input.

È “la partita” attesa da una nutrita fetta di tifosi, da quando l’ex Mazzarri ha detto addio a Napoli per sposare la causa della Milano nerazzurra e finalmente sapremo in che modo i tifosi vorranno salutare l’ex allenatore: applausi, fischi o indifferenza?

All’ombra del Vesuvio, questo è il dilemma.

È la partita del riscatto per lo stesso Benitez che si ritroverà contro quella squadra che frettolosamente, anni addietro, lo ha messo alla porta.

È la partita che contrappone due correnti di pensiero agli antipodi estrinsecate da due delle compagini protagoniste di questo Campionato che si candidano a chiudere la stagione alla conquista del podio.

Ed è, pertanto, una sfida capace di proiettarci in una sfera emotiva assai vasta e ricca di frammisti e suggestivi fattori e che, materialmente, mette in palio tre punti che posso rivelarsi pesanti, ai fini del conseguimento degli obiettivi stagionali, oltre che capaci di imprimere un’energica e volitiva iniezione di fiducia nei propri mezzi, per chiudere il 2013, in una condizione mentale e in una posizione di classifica, ottimale ed ottimistica.

La frase che con più frequenza ho sentito pronunciare negli ultimi giorni è: “Se il Napoli giocasse sempre come ha fatto mercoledì scorso contro l’Arsenal, uscirebbe, in ogni caso, tra gli applausi del pubblico.”

Attaccamento alla maglia, grinta, cuore, brama di vittoria: questo è il Napoli che vogliamo, questa è la strada da perseguire per conseguire obiettivi ed applausi.

Luciana Esposito

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