Il soccer finanziario vuole istituzionalizzare il “caos”

La cura finanziaria del calcio non va d’accordo coi meriti sportivi. Non lo scopriamo adesso, ma formule e formulette del pallone, anche quelle di ultima generazione, confondono i meriti coi demeriti, prospettive e aspettative, talvolta distribuendo male la griglia delle opportunità, per grandi e per piccole del futbol.

La necessità di rispondere alle esigenze economiche del calcio televisivo ha indotto gli organismi internazionali ad aumentare le partite, ma a diminuire l’equilibrio di assegnazione delle reali condizioni del livello di qualità delle partecipanti. Paradossalmente, la scusa della spettacolarizzazione ha ridotto lo spettacolo e la qualità.

Un esempio è l’introduzione dei gironi eliminatori nelle coppe europee per club. Se un tempo il sorteggio netto e secco prevedeva un sistema di impegni meno stressante per le partecipanti alle coppe, il doppio confronto diretto eliminava ogni calcolo, ogni contraddizione e ogni possibilità di gestione preventiva delle risorse fisiche e nervose, soprattutto rispetto a eventuali, come invece avviene oggi, effetti indiretti.

La formula dello scontro diretto non prevedeva ricadute su terzi. Ogni turno azzerava il rischio e rimetteva tutto in gioco, coi qualificati e basta, senza ipotetici salti del banco per capovolgimenti legati a prestazioni e risultati che non riguardano i diretti interessati, ma anche il rendimento di team non coinvolti nella disputa decisiva.

Un altro elemento d’ingerenza, lo potremmo definire un indotto riflesso dell’andamento di un girone, è la possibilità che una squadra affronti un avversario in condizioni mentali diverse da quanto invece sostenuto da un’altra squadra in precedenza. Non è equo, dal punto di vista sportivo, che una squadra giochi una partita decisiva con una già qualificata, perché, volendo semplicemente fare un esempio, cambiano inevitabilmente le condizioni stesse di gioco, alterate, sia pur in ovvia buona fede, da scelte tecniche più prudenti e sparagnine da parte di chi ha tutto l’interesse di salvaguardare energie non più indispensabili da impiegare in una partita dove sarebbe superfluo spenderle come in gare precedenti.

La stessa distribuzione delle fasce di sorteggio, in certi casi, sia per club che per nazionali, affonda i suoi criteri in dati statistici troppo vecchi per restare al passo con i cambiamenti imposti dal calciomercato e dalle condizioni finanziarie delle società, oppure tenendo addirittura conto di coefficienti calcolati in base alle amichevoli.

Da un lato gli organismi internazionali vogliono tener conto dell’aspetto economico, anche da un punto di vista del merito, dall’altro vogliono fondere spettacolo ed equità, che, di fatto, cozzano con i criteri finanziari dettati da media e tv. I premi partita previsti per la Champions rappresentano sì un bonus posto a maggiore garanzia del regolare svolgimento delle gare, ma, allo stesso tempo, non distoglie gli addetti ai lavori da scelte tecniche prima di tutto incentrate sulla sacrosanta gestione psicofisica delle risorse di una rosa.

Il calcio internazionale si è da tempo avviato verso un incremento della manifestazione sportiva in senso ampio, ma questo processo, sia pur in maniera impercettibile, sta stravolgendo gli equilibri fondamentali della competizione sportiva. È, in pratica, un doppio fondo di iniquità, uno giustificabile, l’altro continuamente rimesso a margini non sempre chiari e condivisibili. Se un tempo la fortuna era interna alla competizione, oggi lo è pure dentro le fasi organizzative, i calendari e l’andamento esterno ai meriti e alle facoltà di una squadra. Che l’intento sia pure quello di istituzionalizzare il caos?

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

Home » Ultim'ora sul Calcio Napoli, le news » Il soccer finanziario vuole istituzionalizzare il “caos”

Impostazioni privacy